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Viaggio verso la vita

Viaggio verso la vita

Settembre 23, 2018 Mariarita Sciarrone

Nella mia vita ho scritto tantissimo. Di giorno, di notte, sui treni, per terra, in aereo, su pezzi di carta volanti, sui diari, sugli appunti di diritto commerciale. Ho scritto tantissimo per gli altri, un po’ meno forse per me. Negli ultimi anni ho scritto molto di viaggi e di luoghi del cuore. Ho spesso detto che scrivere è un atto liberatorio, più di una necessità. Quattro mesi fa ho però perso le parole. Non sono stata in grado di descrivere ciò che stavo vivendo, neppure con mezza frase. E così non ho scritto, ho solo aspettato che le parole arrivassero. Perché sapevo che prima o poi sarebbero arrivate. Ne arriveranno sicuramente altre, nel frattempo queste sono l’inizio del mio viaggio verso la vita. Le prime parole che ho scritto, strano a dirsi, hanno riguardato le mancanze, quelle di quest’estate; ma lo so che tutto questo vuoto è un vuoto a riempire.

Dell’estate duemiladiciotto mi sono mancate le Isole Eolie, Panarea e Salina, il pane cunzato di Alfredo, gli aperitivi al Bridge, il passito al calar della sera e il tramonto visto dal mare, le scarpinate sotto il pico del sole per raggiungere qualche caletta semi deserta, i pranzi alle 5 del pomeriggio e le cene alle 23, le giornate a nutrirsi di patatine, gelati e birre e le notti silenziose interrotte solo dal rumore dello Stromboli in piena eruzione.

I fichi raccolti dall’albero con le mani sporche e mangiati con un morso solo, incurante del po’ di buccia che resta. In generale mi è mancata tutta la frutta staccata dagli alberi, senza bisogno alcuno di lavarla, ché uno non si rende conto del senso di libertà che si prova fino a quando ti dicono che è meglio non farla quella cosa lì, di mangiare la frutta senza lavarla.

Mi sono mancati due, tre viaggi, di quelli che ti sfiancano fino all’ultima fibra del corpo, ché quando torni guardi tutto con occhi più pieni. Sono sicura che sarebbe stato così il viaggio in Israele.

I pomeriggi sdraiati sulla battigia a contare quante volte l’onda arrivava a darmi un bacio e poi scappava via, sdraiata sulla sabbia nuda, all’insegna del “pazienza se mi prendo una cistite”.
È stata l’estate più analcolica della mia vita, quella in cui mi è mancato quel bicchiere di vino in più, un mojito, la seconda birra, un bicchiere e basta, per salutare meglio il tramonto. E allora giù di cocktail analcolici, pieni di menta e intrugli vari per farli sembrare anche solo vagamente un mojito. Un’estate in cui ho temuto di essere alcolizzata nella vita di prima, quella di quattro mesi fa. Perché non puoi piangere per un cocktail in meno.

In realtà, ho poi compreso che a farmi piangere sono i divieti, quei “non puoi”, “non devi” detti a bocca piena. Frustranti per chi ha fatto della libertà di scelta e dell’indipendenza il proprio credo. Per la stessa ragione mi è mancato il pesce crudo, i crostacei, i salumi e i kg di Pesce Spada del mio Stretto.

Mi è mancata la sigaretta e la sicurezza che mi regalava quella gestualità in una sera un po’ noiosa, o il modo in cui agevolava il fluire dei miei pensieri.
Mi è mancato dormire a pancia in giù in spiaggia, sulla sabbia bollente. Il limoncello e il bergamino di mamma dopo cena e l’amaro dopo i pranzi “leggeri” del sud.

In tutte queste mancanze non mi sono fatta mancare però due cose:

camminare a piedi scalzi, ché è il modo più sincero per essere felici, quel sentire la terra sotto i piedi per ricordare a me stessa che sto vivendo.

Ph Maria Angela La Cava

E continuare a sentirmi figlia. Per questo mai come quest’estate mi sono lasciata avvolgere dagli abbracci di mamma, dalle sue carezze gentili e mi sono accovacciata più volte tra le sue ginocchia in una specie di regressione irrinunciabile. Come a voler fermare quel momento della vita in cui sta per compiersi un passaggio del testimone, figlie che diventano madri che diventano ancora una volta nonne. Mi sono sentita felice e grata per averla accanto adesso, nel momento più importante della mia vita.

E in questo nostro dondolio abbiamo pianto e riso, nell’estrema consapevolezza di tutte le cose che abbiamo imparato l’una dall’altra, lezioni da tramandare e infinite storie da raccontare.
È stata un’estate più cauta e meno pazzerella, in cui ho rallentato, seppur con fatica.

Un’estate in cui ho mal sopportato i vari “stai attenta”, “riposati”, “siediti”, “non ti stancare”. Io, abituata a preoccuparmi sempre per tutti, mi sono sentita in una condizione nuova. Una condizione che mi ha un po’ liberato dai sensi di colpa. Quelli della mia vita precedente. Per la prima volta ho messo davanti a tutti me stessa. E nessuno ci è rimasto male.

Un’estate in cui ho riscoperto quanto sia forte il legame tra me e il mio compagno: attento, premuroso, presente, paziente. Mi sono divertita ad osservarlo con gli altri bambini ed ho avuto la certezza che sarà un buon padre (augurandoci che gli passi un po’ d’ansia).

viaggioverso la vita - love

Un’estate in cui ho visto mio padre accarezzarmi con delicatezza e rispetto e tirare fuori una forza disarmante, nonostante tutto. Ed ho pensato che la sua eroicità sta nel continuare a farmi vedere sempre il bello della vita, sebbene sia stanco, provato, acciaccato e pieno di cicatrici sul cuore.
Ho osservato le mie amiche prendersi cura di me ed ho avuto la conferma che ho una rete di sicurezza ben salda, oserei dire indistruttibile.
È stata purtroppo un’estate in cui non sono mancate le delusioni, i piccoli dolori e assenze decisamente più pesanti di un mojito. “Sò gli ormoni che amplificano tutto” mi hanno detto, ma io nelle emozioni sono stata estrema sempre.

Mancanze e presenze del mio viaggio verso la vita

Mancanze dicevamo, colmate però da un amore immenso, che è cresciuto settimana dopo settimana, giorno dopo giorno, ora dopo ora. Una valanga di attenzioni, di abbracci, che mi hanno travolto, di lacrime di gioia, di sguardi colmi di felicità.

L’ho sentita quella felicità, l’ho toccata, seppur con delicatezza. Perché ho sempre paura di sciuparla, che vada via presto, che torni il buio, per questo in questi mesi sono rimasta sospesa. Come se mi fossi guardata dall’esterno, come se non stesse succedendo a me.

“Non ho saputo descriverla diversamente questa felicità che mi ha investito come un treno a 300 km/h.  Avrei voluto abbracciarla, ma non ne sono stata capace, avrei voluto urlare al mondo questa gioia e invece l’ho lasciato fare agli altri.”

In un’estate in cui la mia pancia si è vista poco, ma al cui interno si fa strada una nuova vita.

Ph Maria Angela La Cava

Una vita che io non sento ancora nettamente e ad ogni ecografia è un meravigliarsi continuo: nel vedere gambe, mani e braccia muoversi all’impazzata, cuore pulsare, occhi che si aprono e si chiudono. Una vita che non sta un attimo ferma, impaziente ed esplosiva ed io ancora non riesco a crederci. Non riesco a crederci che siamo in due in un unico corpo, che tra pochi mesi a casa saremo in tre e che il cuore forse un giorno o l’altro mi esplode.

Io che impaziente come sono temevo di non essere in grado di aspettare tutto questo tempo. E invece ho capito il valore di ogni singola settimana e sto imparando a godermi questo viaggio con tutta la lentezza di cui non sono capace.

Mariarita Sciarrone
Mariarita Sciarrone

Giornalista, esperta di marketing territoriale e digital strategist. Sembrano tante qualifiche, ma sono tutte racchiuse in una professione.  In parole povere mi occupo di valorizzare aziende e territori. Lo faccio principalmente mettendo assieme strategia e parole. Hai bisogno di aiuto?  LAVORA CON ME


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✍🏼Scrivo contenuti e creo strategie digitali per aziende che hanno un’anima. 📍#Calabria e #suditalia lenti Nostalgica per vocazione 👉@secretcalabria

La settimana più lunga dell’anno sta per volger La settimana più lunga dell’anno sta per volgere al termine e sono successe così tante cose che ho pensato di metterne alcune qui, nero su bianco. Sono state molte più di 10 in realtà, non tutte belle, ma ho imparato che finché siamo qui a parlarne va bene così.
Un breve riassunto qui:
1. Sono andata a raccogliere arance e clementine. Un rito, una tradizione, una preghiera e un ringraziamento che si compie ogni anno, poco prima di Natale. Ci vado con papà, nel terreno che acquistò nonno moltissimi anni fa. Quando vengo qui mi sento di celebrare la sua memoria nel modo più sensato, sporcandomi le mani di terra, passando del tempo con mio papà, suo compare, mia mamma. Una giornata semplice, ma di una ricchezza inestimabile. 
2. Abbiamo rinnovato la sua stanzetta, un po’ più sua e un po’ meno mia. Un angolino per me l’ho comunque tenuto e parla di Calabria. 
3. Con Annalisa de @agriturismoalanterna siamo  stati a vedere in anteprima Semidei, il film di Fabio Mollo e Alessandra Cataleta. Delicato, profondo, una cosa di cui essere orgogliosi.
4. Poco dopo siamo finiti in ospedale, ma siamo state molto coraggiose. C’è da dire che in ospedale questa settimana ci siamo finiti 4 volte, ma siamo tornati tutti interi. E mi sembra un buon traguardo. 
5. La recita per fortuna non ce la siamo persa. La sua ultima recita della scuola dell’infanzia. Stranamente non ho pianto, ma mi sono sentita felice, per davvero.
6. Abbiamo aspettato e accolto il ritorno di amici e famiglie che ci siamo scelti ed ho capito che la lontananza non può scalfire alcun affetto se questo è autentico davvero
7. La mia faccia nel frattempo è stata più o meno questa. Poche ore di sonno, una serie di to do list da spuntare e neanche il tempo di andare dal parrucchiere. Però ho imparato a fare le onde.
8. Quest’anno ho voluto ringraziare alcune persone e l’ho voluto fare con qualcosa di mio e di personalizzato. 
9. Nel frattempo mi è arrivata la comunicazione di avvenuta registrazione del Marchio. Una cosa che avrei dovuto molto tempo fa ma l’ho fatta solo pochi mesi fa.
10. L’unica ragione per cui amo il Natale è perché con alcune persone riusciamo a stringerci di più. 

Buona vigilia ♥️
Novembre è sempre stato il mio mese, ma quest’a Novembre è sempre stato il mio mese, ma quest’anno l’ho lasciato andare senza troppi clamori. 
Per anni ho fatto festa laddove non era contemplata, ho acquistato biglietti aerei nel mese che “dove vai che piove ovunque” e trascorso ogni anno in una capitale europea diversa.
Poi capita che la voglia di festeggiare sprofondi nelle pieghe del quotidiano, fino a nascondersi. E questo novembre è andata un po’ così. 
Nonostante tutto, le foto scattate a novembre mi hanno fatto pensare che ci sono stati più di dieci momenti felici e lo so per certo, perché ho fatto fatica a scegliere dieci foto. Eccole comunque qui, a ricordarmi che: 
1. Anche questo novembre abbiamo celebrato il vino e ho avuto il privilegio di farlo in una giornata di autunno rubata all’estate;
2. Abbiamo poi festeggiato il tuo nome, che più lo pronuncio e piu mi rendo conto quanto ti calzi a pennello e speriamo solo che da grande tu non faccia come me, che non perdo mai occasione per rinfacciare ai miei i casini che hanno combinato col mio di nome; 
3. Anche a novembre sono stata letteralmente stracciata a Burraco da mio papà e mi sono ricordata che le nostre giocate a carte sono tra i ricordi più belli di tutta la mia vita, perché per noi le carte sono sempre state una filosofia di vita e perché dal gioco alle carte ho tratto uno degli insegnamenti che mi ha trasmesso mio papà: se vuoi conoscere davvero una persona devi metterla ad un tavolo da gioco. Ci avete mai fatto caso? 
4. A novembre abbiamo messo i pattini ai piedi e ci siamo iscritte a pattinaggio. In realtà io ti ho solto guardata, ma ogni volta che tu sorridi o impari una cosa nuova, io mi rendo conto di cosa voglia dire amare incondizionatamente un’altra persona: essere felici per lei più di lei; 
5. Foto molto dump, ma mi ricorda quel giorno che ho avuto il privilegio di parlare ai ragazzi del mio paese delle alternative possibili che ci sono prima di lasciare il luogo in cui si è nati per scegliere l’altrove. Ho provato a dirgli quello che avrei voluto dicessero a me alla loro età. Magari me ne sarei andata ugualmente, magari no. Nessuno ha provato a fermarmi, quindi non lo sapremo mai. 
{continua nei commenti}
Nella mia vita non sono scesa in piazza molte volt Nella mia vita non sono scesa in piazza molte volte, non posso considerarmi un’attivista, seppur cerchi, come posso, di fare divulgazione e sensibilizzare su alcuni temi.
Credo però nelle rivoluzioni dal basso, ma soprattutto sono convinta che ognuno debba manifestare come può. 
Credo senza dubbio che ci siano persone che hanno più consapevolezza di quanta ne abbia oggi io.
Di sicuro ho sempre ammirato e sostenuto chi scende in piazza, chi scende in piazza sempre. Non solo per rivendicare i propri diritti, ma soprattutto quelli delle altre persone. So perfettamente che se dovessimo lottare per tutte le ingiustizie, dovremmo scendere in piazza ogni giorno. Eppure, ci sono persone che lo fanno, accomunate da una responsabilità collettiva. 
Ieri, in piazza, a Messina, c’erano persone di ogni età. Nonne, mamme, ragazze, ma anche molti uomini, che sono scesi in piazza per le donne e con le donne. Perché le cose si possono cambiare solo insieme. Ed io mi sono più volte commossa. 

Non sono scesa in piazza molte volte, ma da qualche parte bisogna pur cominciare. 
Perché domani, quando mia figlia mi chiederà “ma tu dov’eri?”, voglio poterle dire che anche io ho fatto la mia piccola, infinitesimale, parte. 
Per i diritti di tutte le donne e per costruire una società migliore di questa. 
Voglio poterle dire che lei finalmente potrà sentirsi libera e non semplicemente coraggiosa. 
Chè io la violenza vera non l’ho mai conosciuta, ma ne ho vista tanta altra, fatta di mainsplaining quando ancora non sapevo neanche dargli un nome, di antimeridionalismo, quella violenza anche solo immaginata, fatta della paura di tornare a casa da sola la sera, quando vivevo nelle grandi città, di dover abbassare la testa e accelerare il passo quando mi trovavo in strade poco frequentate, di parole inopportune, inadeguate, svilenti.
Ed è proprio dalle parole che partirò. Perché è con le parole che lavoro ogni giorno e perché voglio credere che se da oggi iniziamo a prevenire la violenza verbale, forse elimineremo anche quella fisica. 
#nonunadimeno #nonunadimenomessina #25novembre
Vi racconto che cosa si può fare con questo frutt Vi racconto che cosa si può fare con questo frutto qui che è il bergamotto di Reggio Calabria, il re degli agrumi. Venite con me. 
Ho scoperto tutti i segreti del Bergamotto di Reggio Calabria durante Bergarè, importante evento di promozione e valorizzazione di questo agrume prezioso.

#bergare #bergamottodireggiocalabria #bergamotto #eccellenzecalabresi
Del #bergamotto di Reggio Calabria pensavo di cono Del #bergamotto di Reggio Calabria pensavo di conoscere tutto. 
Non sapevo, invece, che esistono tre varietà diverse in base alla zona di produzione e che da queste varietà di frutto si possono estrarre essenze diverse. Più amare se provenienti dal Bergamotto di Reggio Calabria Centrale, più fruttate mano mano che ci avviciniamo alla fascia Jonica orientale. 
Ho imparato quanto sia importante il riconoscimento della DOP anche per il frutto fresco e non solo per l’olio essenziale. 
Basti pensare che François Demachy, il naso di Dior, ha scelto per le sue creazioni il Bergamotto San Carlo (il nome indica il luogo di coltivazione del bergamotto) e il raccolto annuale di quell’area viene riservato in esclusiva alla Maison Dior. E mi è venuto da pensare una cosa su cui rifletto spesso: ci sentiamo più belli quando sono gli altri a raccontarcelo. 
Grazie all’evento Bergarè siamo stati noi reggini, noi calabresi, a poter raccontare quanto di più prezioso identifica il territorio di Reggio Calabria, perché finalmente non ce la siamo raccontati da soli, ma abbiamo parlato all’Italia e al mondo. 
C’è bisogno di parlarne ancora del bergamotto di Reggio Calabria? Sì, perché ancora oggi si fa confusione su diversi aspetti. C’è bisogno di parlare della sua identità territoriale, di mostrarne la sua forma che non è quella che le aziende acquistano su istock, o che appare sui principali motori di ricerca, di raccontarne i suoi utilizzi, dal bergamotto buono da bere, al bergamotto che fa bene alla salute.
Abbiamo una grande responsabilità, non solo noi che facciamo comunicazione, ma i calabresi tutti.

Serve acquisire maggiore consapevolezza, essere curiosi, informarci, altrimenti poi non ha molto senso arrabbiarci se ci raccontano come non siamo. 
Mi dovrete sopportare ancora, perché ho diverse cose da dire e ringraziamenti da fare. Nel frattempo un assaggio di questi giorni.

#bergare #bergamotto #bergamottodireggiocalabria
Questa è una storia di fatica. Lo capisci osserva Questa è una storia di fatica. Lo capisci osservando le mani di Vincenzo, ma soprattutto è lui a dirtelo. 
Vincenzo Amodeo ha iniziato ad estrarre l’essenza di bergamotto a 13 anni, perché così faceva suo padre, suo nonno e il suo bisnonno. Vincenzo non ha fatto di questa arte il suo lavoro principale, ma oggi è considerato l’ultimo artigiano rimasto a saper estrarre a mano l’essenza di bergamotto.

“Spero di poterlo fare ancora a lungo, ma dopo di me non ci sarà nessuno ad estrarre l’essenza a mano con il metodo a spugna”. 

Vincenzo non ha avuto figli e i suoi nipoti hanno preso altre strade. Un’eredità preziosa che andrà perduta.
Le mani non possono fare quello che oggi fa una macchina. Ma noi siamo  fortunati ugualmente, perché abbiamo il privilegio di vedere tutto questo, di conoscere delle storie che rischiano di andare perse ma che possono continuare a vivere attraverso  i racconti.
Possiamo raccontare a voi tutto quello che abbiamo appreso e stiamo apprendendo sul bergamotto e voi potrete raccontarlo ad altre persone. 
La storia di un territorio, la sua valorizzazione passa anche da qui, dalle sue risorse e dal modo in cui scegliamo di divulgarle.
Più siamo a conoscere queste risorse e la loro importanza, più un territorio viene valorizzato. 
Perché la verità è che spesso è chi vive il territorio che ne conosce meno la sua storia.
E noi vogliamo contribuire a cambiare questa tendenza. 
Fino a domani potrete partecipare agli eventi Bergarè a Reggio Calabria al Castello Aragonese.
Il racconto continua nelle stories. 

#bergare #bergamotto #bergamottodireggiocalabria
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