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greco di calabria
5 motivi per cui scegliere di imparare il greco di Calabria

5 motivi per cui scegliere di imparare il greco di Calabria

Ottobre 22, 2017 Mariarita Sciarrone

Me lo hanno chiesto in tanti: “come ti è venuto in mento di fare un corso di Greco di Calabria?” Pensavo fosse scontato il perché, ma se in tanti me lo hanno chiesto evidentemente mi sbagliavo. E allora provo a spiegarlo con questo post perché ho deciso di imparare il greco di Calabria. E magari viene voglia anche a voi. Prima di iniziare però devo dirvi che quando si parla di greco di Calabria il riferimento non è il greco moderno. Si tratta di una lingua che fino al XV-XVI secolo veniva parlata in tutta la parte meridionale della Calabria.

1. Il greco di Calabria, o il grecanico come lo si voglia chiamare, sta morendo.

La sua è una lenta agonia e non c’è nulla di cui andar fieri. Con la morte di questa lingua perderemo il cuore di un patrimonio culturale che affonda le sue radici prima dell’ottavo secolo a. C. E probabilmente non avrà più senso per noi calabresi andare orgogliosi del fatto che viviamo nella culla della Magna Grecia.

greco di calabria

Il greco di Calabria sta scomparendo perché non c’è più nessuno che lo parla. Sono rimasti una decina, per lo più anziani. La sua fine è scritta. Lo sappiamo tutti e abbiamo assistito a questo sfacelo inermi. Io anche lo sapevo, ma il giorno in cui ne ho preso coscienza è stato quando ho incontrato Olimpia Squillaci.

Il greco di Calabria raccontato da Olimpia Squillaci

Olimpia è una linguista, ha 28 anni ed è madre lingua Greco di Calabria. L’ho conosciuta in occasione del tour di Calabria Ispirata a Pentedattilo. La cosa che più mi ha colpito è che il suo progetto di ricerca sul Greco di Calabria è arrivato all’Università di Cambridge. A dimostrazione del fatto che siamo molto più interessanti se visti dall’esterno.

Ho ascoltato la sua lezione sulla nascita, evoluzione e abbandono del greco di Calabria per due ore che mi sono sembrate due minuti. E quando senza troppi giri di parole ha concluso la lezione dicendo: “questa è l’ultima chance: o la salviamo adesso o non c’è più nulla da fare“, senza altrettanti giri di parole le ho risposto: “lo voglio imparare io, il greco di Calabria”. E lo sapevo che non sarebbe stato sufficiente, ché non sono nessuno per salvare una lingua. Ma la storia che il mare è fatto di tante gocce la conosciamo tutti. Ed io volevo essere una di quelle gocce. Al massimo lo parlerò con gli anziani. O costringerò Olimpia ad un caffè settimanale.

2. Il Greco di Calabria racconta la storia dei calabresi e del mezzogiorno

C’è un’altra ragione per cui ho scelto d’imparare il greco di Calabria. Perché ho sempre pensato che non vai da nessuna parte se non sai da dove provieni. La storia della Calabria parte da lì, da quell’anima greca che è stata così influente da condizionare un’intera popolazione, negli usi e nei costumi. Cancellarla significherebbe rinnegare una parte della nostra storia. Questa ragione è un po’ il presupposto della terza ragione per cui ho scelto di imparare il greco di Calabria.

3. Conoscere il greco di Calabria vuol dire andare fieri delle nostre origini

La terza ragione me l’ha fatta pensare il dottor Tito Squillaci, padre di Olimpia. In un servizio su Tv7 l’ho sentito dire “La cosa peggiore è avere vergogna di ciò che si è”. Nel dire questa frase si riferiva alla ragione per cui questa lingua è andata scomparendo: perché ce ne si vergognava. Il greco di Calabria era considerato la lingua dei pastori. Se volevi trovare un lavoro dovevi affrancarti da questa lingua. E così hanno fatto i calabresi dell’area grecanica: se ne sono liberati. Rinunciando alla loro tradizione, alla loro storia. Ed io penso che non ci si può vergognare di quello che siamo stati.

4. Il Greco non è una lingua morta

La quarta ragione per cui ho scelto di imparare il Greco di Calabria risiede nei miei studi classici. Quando andavo al liceo mi sentivo sempre ripetere quanta inutilità ci fosse nello studio della lingua Greca. Ed ho finito per crederci. Nel proseguire gli studi, il greco non l’ho mai più ripreso. Ma solo apparentemente. Il greco in realtà è stato sempre presente. E non lo pensavo mica io. Me lo dicevano alcuni professori che ho incontrato all’università. Che si vedeva che avevo studiato greco “nei discorsi complicati, fatti di lunghe subordinate“. E anche se il Greco di Calabria è una lingua diversa dal greco antico, ha innumerevoli punti di contatto. Capirlo è un po’ come unire i punti, chiudere un cerchio e dare un senso di completezza a quei cinque anni da liceale.

5. Capire il greco è una questione di militanza – come la vita

La quinta è ultima ragione è una ragione del cuore. Una ragione che ho ritrovato in una frase di Andrea Marcolongo. Nel suo libro “La lingua geniale” scrive: “capire il greco non è questione di talento, ma di militanza – come la vita“. Ché io il greco a scuola l’ho studiato, mi ci sono scontrata e ho preso tante tramvate, ma forse non l’ho mai capito. E forse mi succede la stessa cosa con la Calabria: l’ho amata, l’ho studiata, l’ho anche abbandonata perché non la capivo più. C’è però sempre stata una forza che mi ha spinto a tornare indietro. Per capirla meglio e per impararla a memoria, con tutti i suoi difetti e elevandone all’infinito i pregi.

greco di calabria

Mariarita Sciarrone
Mariarita Sciarrone

Giornalista, esperta di marketing territoriale e digital strategist. Sembrano tante qualifiche, ma sono tutte racchiuse in una professione.  In parole povere mi occupo di valorizzare aziende e territori. Lo faccio principalmente mettendo assieme strategia e parole. Hai bisogno di aiuto?  LAVORA CON ME


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One thought on “5 motivi per cui scegliere di imparare il greco di Calabria”

  1. Luigi Comito ha detto:
    Ottobre 15, 2018 alle 5:17 pm

    il piacere di essere calabrese.

    Rispondi

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✍🏼Scrivo contenuti e creo strategie digitali per aziende che hanno un’anima. 📍#Calabria e #suditalia lenti Nostalgica per vocazione 👉@secretcalabria

La settimana più lunga dell’anno sta per volger La settimana più lunga dell’anno sta per volgere al termine e sono successe così tante cose che ho pensato di metterne alcune qui, nero su bianco. Sono state molte più di 10 in realtà, non tutte belle, ma ho imparato che finché siamo qui a parlarne va bene così.
Un breve riassunto qui:
1. Sono andata a raccogliere arance e clementine. Un rito, una tradizione, una preghiera e un ringraziamento che si compie ogni anno, poco prima di Natale. Ci vado con papà, nel terreno che acquistò nonno moltissimi anni fa. Quando vengo qui mi sento di celebrare la sua memoria nel modo più sensato, sporcandomi le mani di terra, passando del tempo con mio papà, suo compare, mia mamma. Una giornata semplice, ma di una ricchezza inestimabile. 
2. Abbiamo rinnovato la sua stanzetta, un po’ più sua e un po’ meno mia. Un angolino per me l’ho comunque tenuto e parla di Calabria. 
3. Con Annalisa de @agriturismoalanterna siamo  stati a vedere in anteprima Semidei, il film di Fabio Mollo e Alessandra Cataleta. Delicato, profondo, una cosa di cui essere orgogliosi.
4. Poco dopo siamo finiti in ospedale, ma siamo state molto coraggiose. C’è da dire che in ospedale questa settimana ci siamo finiti 4 volte, ma siamo tornati tutti interi. E mi sembra un buon traguardo. 
5. La recita per fortuna non ce la siamo persa. La sua ultima recita della scuola dell’infanzia. Stranamente non ho pianto, ma mi sono sentita felice, per davvero.
6. Abbiamo aspettato e accolto il ritorno di amici e famiglie che ci siamo scelti ed ho capito che la lontananza non può scalfire alcun affetto se questo è autentico davvero
7. La mia faccia nel frattempo è stata più o meno questa. Poche ore di sonno, una serie di to do list da spuntare e neanche il tempo di andare dal parrucchiere. Però ho imparato a fare le onde.
8. Quest’anno ho voluto ringraziare alcune persone e l’ho voluto fare con qualcosa di mio e di personalizzato. 
9. Nel frattempo mi è arrivata la comunicazione di avvenuta registrazione del Marchio. Una cosa che avrei dovuto molto tempo fa ma l’ho fatta solo pochi mesi fa.
10. L’unica ragione per cui amo il Natale è perché con alcune persone riusciamo a stringerci di più. 

Buona vigilia ♥️
Novembre è sempre stato il mio mese, ma quest’a Novembre è sempre stato il mio mese, ma quest’anno l’ho lasciato andare senza troppi clamori. 
Per anni ho fatto festa laddove non era contemplata, ho acquistato biglietti aerei nel mese che “dove vai che piove ovunque” e trascorso ogni anno in una capitale europea diversa.
Poi capita che la voglia di festeggiare sprofondi nelle pieghe del quotidiano, fino a nascondersi. E questo novembre è andata un po’ così. 
Nonostante tutto, le foto scattate a novembre mi hanno fatto pensare che ci sono stati più di dieci momenti felici e lo so per certo, perché ho fatto fatica a scegliere dieci foto. Eccole comunque qui, a ricordarmi che: 
1. Anche questo novembre abbiamo celebrato il vino e ho avuto il privilegio di farlo in una giornata di autunno rubata all’estate;
2. Abbiamo poi festeggiato il tuo nome, che più lo pronuncio e piu mi rendo conto quanto ti calzi a pennello e speriamo solo che da grande tu non faccia come me, che non perdo mai occasione per rinfacciare ai miei i casini che hanno combinato col mio di nome; 
3. Anche a novembre sono stata letteralmente stracciata a Burraco da mio papà e mi sono ricordata che le nostre giocate a carte sono tra i ricordi più belli di tutta la mia vita, perché per noi le carte sono sempre state una filosofia di vita e perché dal gioco alle carte ho tratto uno degli insegnamenti che mi ha trasmesso mio papà: se vuoi conoscere davvero una persona devi metterla ad un tavolo da gioco. Ci avete mai fatto caso? 
4. A novembre abbiamo messo i pattini ai piedi e ci siamo iscritte a pattinaggio. In realtà io ti ho solto guardata, ma ogni volta che tu sorridi o impari una cosa nuova, io mi rendo conto di cosa voglia dire amare incondizionatamente un’altra persona: essere felici per lei più di lei; 
5. Foto molto dump, ma mi ricorda quel giorno che ho avuto il privilegio di parlare ai ragazzi del mio paese delle alternative possibili che ci sono prima di lasciare il luogo in cui si è nati per scegliere l’altrove. Ho provato a dirgli quello che avrei voluto dicessero a me alla loro età. Magari me ne sarei andata ugualmente, magari no. Nessuno ha provato a fermarmi, quindi non lo sapremo mai. 
{continua nei commenti}
Nella mia vita non sono scesa in piazza molte volt Nella mia vita non sono scesa in piazza molte volte, non posso considerarmi un’attivista, seppur cerchi, come posso, di fare divulgazione e sensibilizzare su alcuni temi.
Credo però nelle rivoluzioni dal basso, ma soprattutto sono convinta che ognuno debba manifestare come può. 
Credo senza dubbio che ci siano persone che hanno più consapevolezza di quanta ne abbia oggi io.
Di sicuro ho sempre ammirato e sostenuto chi scende in piazza, chi scende in piazza sempre. Non solo per rivendicare i propri diritti, ma soprattutto quelli delle altre persone. So perfettamente che se dovessimo lottare per tutte le ingiustizie, dovremmo scendere in piazza ogni giorno. Eppure, ci sono persone che lo fanno, accomunate da una responsabilità collettiva. 
Ieri, in piazza, a Messina, c’erano persone di ogni età. Nonne, mamme, ragazze, ma anche molti uomini, che sono scesi in piazza per le donne e con le donne. Perché le cose si possono cambiare solo insieme. Ed io mi sono più volte commossa. 

Non sono scesa in piazza molte volte, ma da qualche parte bisogna pur cominciare. 
Perché domani, quando mia figlia mi chiederà “ma tu dov’eri?”, voglio poterle dire che anche io ho fatto la mia piccola, infinitesimale, parte. 
Per i diritti di tutte le donne e per costruire una società migliore di questa. 
Voglio poterle dire che lei finalmente potrà sentirsi libera e non semplicemente coraggiosa. 
Chè io la violenza vera non l’ho mai conosciuta, ma ne ho vista tanta altra, fatta di mainsplaining quando ancora non sapevo neanche dargli un nome, di antimeridionalismo, quella violenza anche solo immaginata, fatta della paura di tornare a casa da sola la sera, quando vivevo nelle grandi città, di dover abbassare la testa e accelerare il passo quando mi trovavo in strade poco frequentate, di parole inopportune, inadeguate, svilenti.
Ed è proprio dalle parole che partirò. Perché è con le parole che lavoro ogni giorno e perché voglio credere che se da oggi iniziamo a prevenire la violenza verbale, forse elimineremo anche quella fisica. 
#nonunadimeno #nonunadimenomessina #25novembre
Vi racconto che cosa si può fare con questo frutt Vi racconto che cosa si può fare con questo frutto qui che è il bergamotto di Reggio Calabria, il re degli agrumi. Venite con me. 
Ho scoperto tutti i segreti del Bergamotto di Reggio Calabria durante Bergarè, importante evento di promozione e valorizzazione di questo agrume prezioso.

#bergare #bergamottodireggiocalabria #bergamotto #eccellenzecalabresi
Del #bergamotto di Reggio Calabria pensavo di cono Del #bergamotto di Reggio Calabria pensavo di conoscere tutto. 
Non sapevo, invece, che esistono tre varietà diverse in base alla zona di produzione e che da queste varietà di frutto si possono estrarre essenze diverse. Più amare se provenienti dal Bergamotto di Reggio Calabria Centrale, più fruttate mano mano che ci avviciniamo alla fascia Jonica orientale. 
Ho imparato quanto sia importante il riconoscimento della DOP anche per il frutto fresco e non solo per l’olio essenziale. 
Basti pensare che François Demachy, il naso di Dior, ha scelto per le sue creazioni il Bergamotto San Carlo (il nome indica il luogo di coltivazione del bergamotto) e il raccolto annuale di quell’area viene riservato in esclusiva alla Maison Dior. E mi è venuto da pensare una cosa su cui rifletto spesso: ci sentiamo più belli quando sono gli altri a raccontarcelo. 
Grazie all’evento Bergarè siamo stati noi reggini, noi calabresi, a poter raccontare quanto di più prezioso identifica il territorio di Reggio Calabria, perché finalmente non ce la siamo raccontati da soli, ma abbiamo parlato all’Italia e al mondo. 
C’è bisogno di parlarne ancora del bergamotto di Reggio Calabria? Sì, perché ancora oggi si fa confusione su diversi aspetti. C’è bisogno di parlare della sua identità territoriale, di mostrarne la sua forma che non è quella che le aziende acquistano su istock, o che appare sui principali motori di ricerca, di raccontarne i suoi utilizzi, dal bergamotto buono da bere, al bergamotto che fa bene alla salute.
Abbiamo una grande responsabilità, non solo noi che facciamo comunicazione, ma i calabresi tutti.

Serve acquisire maggiore consapevolezza, essere curiosi, informarci, altrimenti poi non ha molto senso arrabbiarci se ci raccontano come non siamo. 
Mi dovrete sopportare ancora, perché ho diverse cose da dire e ringraziamenti da fare. Nel frattempo un assaggio di questi giorni.

#bergare #bergamotto #bergamottodireggiocalabria
Questa è una storia di fatica. Lo capisci osserva Questa è una storia di fatica. Lo capisci osservando le mani di Vincenzo, ma soprattutto è lui a dirtelo. 
Vincenzo Amodeo ha iniziato ad estrarre l’essenza di bergamotto a 13 anni, perché così faceva suo padre, suo nonno e il suo bisnonno. Vincenzo non ha fatto di questa arte il suo lavoro principale, ma oggi è considerato l’ultimo artigiano rimasto a saper estrarre a mano l’essenza di bergamotto.

“Spero di poterlo fare ancora a lungo, ma dopo di me non ci sarà nessuno ad estrarre l’essenza a mano con il metodo a spugna”. 

Vincenzo non ha avuto figli e i suoi nipoti hanno preso altre strade. Un’eredità preziosa che andrà perduta.
Le mani non possono fare quello che oggi fa una macchina. Ma noi siamo  fortunati ugualmente, perché abbiamo il privilegio di vedere tutto questo, di conoscere delle storie che rischiano di andare perse ma che possono continuare a vivere attraverso  i racconti.
Possiamo raccontare a voi tutto quello che abbiamo appreso e stiamo apprendendo sul bergamotto e voi potrete raccontarlo ad altre persone. 
La storia di un territorio, la sua valorizzazione passa anche da qui, dalle sue risorse e dal modo in cui scegliamo di divulgarle.
Più siamo a conoscere queste risorse e la loro importanza, più un territorio viene valorizzato. 
Perché la verità è che spesso è chi vive il territorio che ne conosce meno la sua storia.
E noi vogliamo contribuire a cambiare questa tendenza. 
Fino a domani potrete partecipare agli eventi Bergarè a Reggio Calabria al Castello Aragonese.
Il racconto continua nelle stories. 

#bergare #bergamotto #bergamottodireggiocalabria
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