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frasi aa non usare per descrivere una struttura ricettiva "vista mozzafiato"
Come descrivere una struttura ricettiva

Come descrivere una struttura ricettiva

Maggio 24, 2021 Mariarita Sciarrone

Quali parole usare per descrivere una struttura ricettiva? Come raccontare al meglio ai tuoi futuri ospiti cosa offri? Ci sono delle espressioni inflazionate che mi è capitato di leggere più di frequente e che io stessa non uso più per descrivere una struttura ricettiva o una destinazione turistica.

Vista mozzafiato

Qualche anno fa durante l’intervento “Parole come immagini: come scrivere copy evocativi” di Valentina Falcinelli, all’interno del corso di Visual Storytelling, rimasi colpita da alcuni esempi su espressioni trite e ritrite con cui si descrivono le strutture ricettive. La prima fu qualcosa di simile alla foto che vedi qui nella foto in evidenza. Lei aveva scritto “paesaggio mozzafiato”, che io ho trasformato in “vista“. Rimasi male perché, ahimè, era un’espressione che qualche volta avevo utilizzato anche io.

Inutile dire che da quel giorno l’aggettivo mozzafiato scomparve dal mio vocabolario, ma accadde di più. Iniziai a prestare più attenzione ad altre espressioni, frasi e aggettivi di cui era arrivato il momento di liberarmi per raccontare un territorio o qualcosa legata al turismo. Un lavoro non proprio facile, perché da un lato si trattava di arricchire il mio vocabolario e non fermarmi al primo aggettivo che mi veniva in mente, dall’altro lato sapevo che non avrei dovuto imparare a non utilizzare termini incomprensibili.

L’obiettivo era ed è sempre quello di essere chiari quando si scrive.

Come puoi sostituire questa espressione? Per prima cosa affacciati dalla finestra di quella camera e osserva cosa vedi. C’è il mare o la montagna? Una piazza storica? Un castello? Scrivi un paio di frasi su quello che si vede dalla finestra, racconta ai tuoi ospiti l’ora in cui potranno godere di una vista migliore.

È la stanza più panoramica con un lungo balcone che sembra sospeso nel vuoto. Da lì si può ammirare l’intero villaggio che, con le sue arterie e i suoi fiumi, sembra cambiare in un disegno surreale che toglie il respiro.

Questa è la descrizione di una delle camere del b&b la magara.

Camere dotate di ogni comfort

Quante volte ti è capitato di leggere questa frase nella descrizione di un hotel? A me tantissime. Una frase che vuol dire tutto e niente, per due ragioni: quale hotel ti direbbe che le proprie camere non sono confortevoli? Nessuno, penso. O forse qualche masochista. La seconda ragione è che questa è una frase talmente generica, che non dà al tuo futuro ospite alcuna informazione utile.

Come puoi sostituirla? Descrivendo semplicemente quello che è presente in quella camera: frigobar, asciugacapelli, set cortesia, ciabattine, aria condizionata, wifi ecc. Se non vuoi che la tua descrizione si riduca ad un mero elenco, puoi introdurre la sezione con una frase che descriva come si può sentire il futuro ospite in quella camera, che tipo di esperienza potrà vivere, a seconda anche delle persone che vuoi raggiungere (famiglie, giovani coppie, lavoratori).  

Dimora di bellezza e raffinatezza, la Villa Deliziosa è evocativa delle case di villeggiatura degli antichi proprietari terrieri pugliesi. Delizia di simmetrie e di stile. A bordo piscina, all’ombra di un bouganvillea, o sotto il gazebo del proprio giardino mediterraneo, i sensi si allineano su uno stato di assoluta armonia, immersi nella pace del paesaggio pugliese.

Questa è la descrizione di una delle ville di borgo egnazia

“La struttura è a due passi dal mare”.

Una frase che trovi praticamente in tutte le descrizioni di hotel che si trovano vicino al mare; ma vicino quanto? Due passi dal mare significa davvero che stai parlando di una struttura sulla spiaggia, nel raggio quantomeno di 150 metri. Diversamente, non sono più due passi.

Come puoi sostituire quest’espressione? Descrivendo semplicemente quanto dista davvero la tua struttura dal mare, anche fosse 1km. Specifica, inoltre, se è necessario prendere l’auto. Insomma, cerca di essere più onesto possibile e se la tua struttura non è davvero a due passi dal mare, non dire il contrario.

Posione strategica

“L’hotel, ma anche il ristorante, si trova in una posizione strategica”. Questa è un’altra frase di cui si abusa spesso e non è che sia proprio sbagliato utilizzarla, a patto che non sia buttata lì giusto per riempire la pagina. La cosa importante è sempre capire a chi stai parlando, chi è il tuo ospite ideale. Se stai parlando ad una persona che sceglie la tua struttura per lavoro, allora puoi scrivere che la tua struttura si trova in una posizione strategica per chi viaggia per lavoro. A seguire però, devi elencare il perché, descrivendo cosa c’è attorno.  In sostanza, la prima domanda che devi porti se vuoi usare questa frase è: “posizione strategica per chi?”. La risposta può essere: strategica per chi non viaggia con un mezzo proprio, perché la tua struttura si trova nei pressi di una stazione ferroviaria, dell’aeroporto, oppure vicino ad uffici, a punti di interesse.

Alcune espressioni abusate, fanno parte di luoghi comuni usati per descrivere anche città, eventi.

Roma è quasi sempre descritta come “la città eterna”; “incantevole cornice” è usato per descrivere di frequente un luogo. La città in cui vivo, Reggio Calabria, viene descritta a livello turistico come la città dei Bronzi di Riace o quella di cui D’Annunzio scrisse che c’era il più bel chilometro d’Italia (riferito al lungomare), frase per giunta mai realmente attribuita a D’Annunzio.

Con questo non voglio dirti che devi fare a meno sempre e comunque di queste espressioni, ma semplicemente di non abusarne e di trovare l’alternativa.  

Ti vengono in mente altre espressioni di cui proprio non ne puoi più e che vorresti sostituire?   

Mariarita Sciarrone
Mariarita Sciarrone

Giornalista, esperta di marketing territoriale e digital strategist. Sembrano tante qualifiche, ma sono tutte racchiuse in una professione.  In parole povere mi occupo di valorizzare aziende e territori. Lo faccio principalmente mettendo assieme strategia e parole. Hai bisogno di aiuto?  LAVORA CON ME


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✍🏼Scrivo contenuti e creo strategie digitali per aziende che hanno un’anima. 📍#Calabria e #suditalia lenti Nostalgica per vocazione 👉@secretcalabria

Mariarita Sciarrone | copywriter & digital strategist
Nessuna storia dietro questo reel, nessun racconto Nessuna storia dietro questo reel, nessun racconto.
Solo una canzone che mi piace molto e uno dei mie posti del cuore che a Settembre “rende” meglio.
Un mare così bello che mi sembrava un peccato non condividerlo con voi.
Dicono che sta per arrivare l’autunno. Per me ogni giorno come questo è un giorno sottratto all’inverno ♥️

#lostrettoindispensabile #igersreggiocalabria #scillarc #calabriastraordinaria #igerscalabria #igcalabria #raybanstories
Lettere dal mare, 10 settembre 2023 Scrivo questo Lettere dal mare, 10 settembre 2023

Scrivo questo pensiero dalla riva del mare, in un giorno in cui il calendario e la temperatura esterna ci dicono che è ancora estate, eppure attorno si respira l’atmosfera autunnale. 
La destagionalizzazione è un concetto che tocchiamo con mano ma che non abbiamo il coraggio, la voglia di fare nostro.
Ripenso alle parole di Gioacchino Criaco, durante le lezioni popolari di “una festa del giornalismo” a cura de @bizzolo_periodico . Lo scrittore Gioacchino Criaco è sceso dalla cattedra - anche se non l’ho mai visto “salire” in alcuna cattedra - e si è seduto allo stesso livello del pubblico. Una festa del giornalismo per riflettere e tornare a parlarci. Perché in fin dei conti è l’unica cosa che può salvarci. 
La sua storia somiglia a tante altre di noi meridionali. È una storia di fuga dal sud, da questa “madre nera che era l’Aspromonte”, nel suo caso.
“Sono scappato dal buio per cercare la luce. E questa luce era nell’unica prospettiva che noi avevamo - per raconto, per narrazione - che stava a nord.” 
Ma la sua è anche una storia di ritorno, di quelle che ultimamente sto sentendo più spesso. 
Penso e ripenso se sia davvero il caso di continuare a parlare di questo sud che sta cercando di alzare la testa, senza voler passare da vittime. 
Ed è in questa lezione popolare di Gioacchino Criaco che mi vengono ricordate le parole di Corrado Alvaro, “del calabrese che vuole essere parlato”, trattato da uguali fra gli uguali, non messo tra parantesi, non ignorato, non comandato. Ma sono passati settant’anni da queste parole. 
C’è ancora bisogno di ribadirle? Purtroppo sì. Perché esiste ancora quel senso di condizione di inferiorità, quel bisogno di sentirsi legittimati.
Me lo sono chiesta il perché e l’ho ritrovato in alcuni commenti sotto a contenuti pubblicati nell’ultimo periodo. Ho fatto screenshot solo al più recente. 
Sono commenti pubblici, chi li ha scritti ci avrà pensato prima di scriverli. O magari no, ma l’educazione digitale dovrebbe partire da questo: prendersi la responsabilità di ciò che si vomita addosso alle altre persone. 
(Continua nei commenti)
Per noi fuorisede dei primi anni 2000, l’amaro e Per noi fuorisede dei primi anni 2000, l’amaro era uno dei prodotti che più ci avvicinava a casa. In quegli anni l’amaro calabrese era solo uno e lo trovavi in pochi posti eletti.
Così ce lo facevamo spedire con il famoso pacco da giù, quando ancora non si chiamava così. E quando ci consegnavano il pacco era gioia infinita, perché nelle nostre case sgangherate di studenti fuori sede non arrivava un semplice amaro. Arrivava un po’ di famiglia, amici, un po’ di casa. Bastava svitare quel tappo marrone per evocare i nostri ricordi più cari. Offrire un bicchiere d’amaro a chi veniva a trovarci era un po’ come dire: benvenuto a casa mia, ti presento la #Calabria. 
L’amaro, quell’amaro lì, rappresentava un pezzo della nostra identità. Trovarlo in un locale era come riconoscersi, sentirsi parte di qualcosa di più grande.

Oggi gli amari calabresi in circolazione sono tantissimi, ogni provincia è rappresentata da uno o più amari e non si fa più alcuna fatica ad averlo in una casa fuori dalla nostra regione. Ognuno con la sua storia, i suoi profumi, la sua identità.
Alcuni dei migliori amari del mondo sono prodotti qui in Calabria. 

Per questo è nato il contest “Amara Calabria”, giunto alla seconda edizione.
L’obiettivo non è quello di individuare l’amaro migliore ma il drink migliore a base di uno tra gli amari calabresi scelti. Venti tra barman e barlady si sono sfidati per aggiudicarsi il premio per il cocktail migliore. 
A vincere questa edizione, Cristina Familiari. Il suo drink, a base di amaro “Foraffascinu”, ha conquistato il primo posto. Al secondo posto Tindaro Gemellaro con l’amaro Kaciuto e al terzo posto Vasile Vidrasco, in gara con l’“Amaro del Capo”. 
Un grazie speciale al Piro Piro per aver organizzato questo evento a Reggio Calabria e a Giovanna Pizzi per averne curato la comunicazione come sempre in modo impeccabile.
#amaracalabria #amaricalabresi #amariitaliani #bitter #calabriadrink
Ci sono dei luoghi che ancora resistono ad un cert Ci sono dei luoghi che ancora resistono ad un certo tipo di turismo.
Che uno pensa sia un limite, poi una sera a cena alla @locanda_cocintum ho conosciuto Rossana, una ragazza napoletana che non te le manda a dire, che mi ha illuminata.
I calabresi sono resistenti. Non cedono al capitalismo che vuole tutto basato unicamente sul profitto, al calabrese non gliene frega niente se è agosto, se
ci sono i turisti. All’ora di pranzo il gestore del chiosco chiude e se tutto va bene riapre alle 17, dopo il pranzo a casa, dopo il giusto tempo dedicato al riposo. 
C’è una parte di Calabria che resiste. Dove ti siedi a mangiare in una trattoria e una pizza margherita costa ancora il giusto, 4 euro e le linguine allo scoglio 
11 euro. Una cosa così straordinaria ormai, che il menù lo devi fotografare. 

Quei luoghi dove il sapone lo sanno fare ancora in casa e anche se la ginestra non si tesse più, vengono comunque insegnati tutti i passaggi della lavorazioni. Che certe tradizioni è importanti non vengano perse. 
Questi luoghi qui, esistono e resistono. 
Resiste l’ultimo intrecciatore di cestini della Vallata dello Stilaro, resiste chi torna e si reinventa.

Alcune persone vengono da fuori a dirci come dobbiamo campare, salvo poi celebrare la #vitalenta, ma solo su Instagram. Nel frattempo, quella vita lì si sgretola tra le mani. L’identità di un territorio pure. A me personalmente basta sedermi al tavolo di un ristorante e trovare piatti che parlino di quel posto, conversare con il personale di sala che conosce com’è fatto il menù, da dove provengono le materie prime, mi basta leggere un menù per capire se mi trovo nel luogo giusto. 
Mi basta trascorrere due giorni in un posto che quando è arrivato il momento di andar via, anche se non ho visto tutto, quel posto lo conosco al punto che non mi resta l’amaro in bocca per le cose che non ho visto. Tanto so che ci voglio ritornare.
Questo per me vuol dire promuovere e valorizzare un territorio. Lasciare in chi va via il desiderio di ritornare ♥️ 

#raccontiasud #destinazioniitaliane #calabria #valorizzareterritorio
È per questo che amo vivere al Sud. Vi ricordate È per questo che amo vivere al Sud.
Vi ricordate quelle giornate di caldo torrido , a luglio? Quelle in cui la terra bruciava, soprattutto al sud?
In quei giorni avevamo deciso di andare a stare nella casetta al mare, pensando fosse più sostenibile. Ma se devi lavorare il caldo è caldo ovunque. Il nostro Smart working fu Smart per una sola ragione: abbiamo adottato tecniche di sopravvivenza.
La mia è stata questa: la mattina mi svegliavo alle 6 per il troppo caldo. Andavo al bar, prendevo una granita pesto di pistacchio e panna con brioche da portar via e mi dirigevo alla spiaggia dei pescatori. Alle 7 tornavo a casa, con i capelli ancora bagnati e iniziavo a lavorare. Il mare lo rivedevo alle 19.
Non ho mai smesso di lavorare in quei giorni, ma riguardando questo video mi torna in mente quella sensazione di benessere e la bellezza di tutta questa semplicità. 
Lo so che per molti è nulla, ma per me è l’essenza del vivere qui.
Amare questi luoghi d’estate è facile, ma io li amo anche d’inverno. A me basta ci sia il mare e tutto assume un’altra forma.
E non so proprio come spiegarlo. Magari guardando questi frammenti ve lo riesco a trasmettere. ♥️ Ché non è solo per il mare, me il mare c’entra sempre. 

#lostrettoindispensabile #viaggiasud #tiraccontounastoria #raccontiasud #igerscalabria #igersreggiocalabria
Negli ultimi dieci giorni ho girato moltissimo. Tr Negli ultimi dieci giorni ho girato moltissimo. Tra i paesi calabresi, soprattutto.
Ed ho avuto conferma di molte cose:
1. i paesi sono più vivi che mai, a dispetto di tutte le persone che dicono il contrario;
2. la piazza resta sempre il centro aggregante dei paesi. Più volte ho sentito ragazzi scambiarsi frasi che non si sentono più, tipo: “ci vediamo in piazza”; 
3. ci sono ragazzi e ragazze  che stanno ribaltando la logica che nei paesi non c’è niente. Sono riusciti a fare rete. Li senti parlare e ti si apre il cuore, si accende la speranza. Ché la verità è che nei paesi non c’è niente fin quando qualcosa non la fai accadere. A San Vito sullo Ionio, alcuni di questi ragazzi organizzano da sette anni il festival @sonativicinu. Con loro e con altre splendide persone abbiamo parlato di valorizzazione del territorio, di come raccontare il territorio, di comunità, della ricchezza delle storie calabresi, dell’importanza di acquisire consapevolezza di tutta questa bellezza. 
4. la storia di un paese è tra le sue rughe, termine che in passato veniva usato per definire le strade. Le stesse rughe che caratterizzano le persone anziane. La memoria storica di trova quindi lì, e non può andare persa. 
5. Mi hanno detto che parlo così dei paesi perché non ci vivo tutto l’anno, ma queste  persone non sanno che io vivo molto più i paesi che la città. Ed è nei paesi che io mi sento completa. A chi mi chiede perché non ci vivo stabilmente, rispondo che oggi non ci vivo solo per caso e che l’inverno al sud è duro anche se vivi in città. Ma se hai una rete ben salda, un lavoro che ti piace, gli affetti e degli hobby puoi vivere ovunque.
6. i bambini nei paesi ci sono, anche se ve ne sono molti meno, non so se siano più felici, ma sono più liberi. E la libertà va un po’ a braccetto con la felicità.
7. la menta nei paesi non finisce. E la prossima volta che qualcuno mi dice che nei paesi costa tutto di più vi mando quel signore toscano che ha strabuzzato gli occhi quando gli hanno chiesto 16 euro per un amaro Jefferson, un Negroni sbagliato, un americano e un gin tonic con gin medium (quando ha sentito il prezzo  ha chiesto il gin premium). 
#raccontiasud #tiraccontoipaesi
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