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Viaggio slow alle Isole Eolie

Viaggio slow alle Isole Eolie

Giugno 7, 2017 Mariarita Sciarrone

La barca a vela è sempre stata un mio limite. Una di quelle esperienze che desideri vivere, ma che non riesci in alcun modo a fare. In tutti questi anni a dividerci è stato il mal di mare, il mio. Fino a quando mi sono lasciata convincere. Un tour attorno le Isole Eolie meritava uno sforzo, non fosse altro che il modo migliore per godere appieno di questo arcipelago di sette isole a nord della costa siciliana, in provincia di Messina, è la barca. Non necessariamente la barca vela, va bene anche una barca a remi. Semplicemente ci sono dei posti irraggiungibili via terra. Il punto forte delle Isole Eolie non sono le spiagge. Ce ne sono, ma non sono tantissime e se devo essere sincera non sono tra le più belle che abbia visto.
Il viaggio in barca a vela è lungo, lento, fatto di silenzi, introspezione. Siete solo voi e il mare. Di fronte a voi infiniti orizzonti e la meta che sembra sempre vicina, ma in realtà se provate a chiedere allo skipper quanto manca all’arrivo scoprirete che mancano ancora delle ore. Viaggiando in barca a vela mi ci è voluto poco a capire che “il viaggio è esso stesso la meta” e mi è sembrato di entrare dentro la poesia “Itaca”. Ecco, se dovessi descrivere quest’esperienza, sarebbe senz’altro questa poesia.

sunset_eolie

1° giorno
Siamo salpati dal porto di Tropea alle ore 18, puntando l’isola di Stromboli. La velocità massima che abbiamo raggiunto è stata di 8 nodi. Tempo stimato di arrivo ore 23. Per intenderci: in gommone o aliscafo sono sufficienti un paio d’ore per raggiungere uno dei vulcani più attivi del mondo, in barca a vela ce ne sono volute circa cinque.
Cinque ore di viaggio che ci sono servite per ambientarci, prendere confidenza con gli spazi ridotti e spesso nascosti della barca. A me sono servite a gestire il mio mal di mare. Il primo rimedio sono stati dei braccialetti anti nausea (uno sul polso sinistro e uno su quello destro), il secondo è stato quello di scendere il meno possibile in dinette e in cabina. Con questa scusa ho potuto osservare tutto il tempo il mare, il sole che tramontava lento e inesorabile sulla sinistra di Stromboli e isolarmi da tutto il resto.

sunset_barca_a_vela_stromboli

In barca a vela c’è spazio anche per l’isolamento, ma non solo. Il gruppo con cui ho viaggiato è stato meraviglioso. Abbiamo riso, scherzato, affrontato temi anche delicati, seri e importanti, il tutto come se ci conoscessimo da sempre. In realtà alcuni di loro li ho conosciuti poco prima della partenza.

Tra una birra, svariati stuzzichini e l’ardua impresa di svuotare una cambusa decisamente esagerata, siamo arrivati di fronte “Iddu”: lo spettacolo che si è presentato davanti ai nostri occhi è stato a dir poco magico. Accompagnati da un mare vellutato, un’illuminazione dell’isola pressoché inesistente e un tappeto di stelle sopra di noi, ci siamo avvicinati in prossimità della Sciara del Fuoco. Lapilli di fuoco scoppiettanti hanno iniziato ad esplodere verso l’alto. Una, due, tre volte. Poi il silenzio, interrotto dal rotolio dei massi lungo la Sciara fin giù a mare. Uno spettacolo che si ripete ogni 15 minuti circa. Tra un’eruzione e l’altra tu resti lì sospesa. L’unica cosa che riesci a fare è gettare tutti i pensieri, le preoccupazioni, le ansie, le paure a mare come se fossi tu quel vulcano. E se chiudi gli occhi ti sembra di veder rotolare tutto giù, lungo quel ripido pendio, come i massi. C’è un’energia incredibile lì sotto: tutti gli elementi della terra concentrati in uno spazio estremamente ridotto. C’è la vita che esplode, la materia che invoca spazio e i sogni che prendono forma.

Tra un’eruzione e l’altra mi sono addormentata, sotto le stelle, cullata dal dondolio del mare, felice. Attorno a me solo #lostrettoindispensabile. Mi sono svegliata dopo un paio d’ore con gli angoli della bocca che sorridevano quando mi sono trovata avvolta in un caldo sacco a pelo (premura di un compagno di viaggio) e con la cena quasi pronta. Più tardi scoprirò che la barca a vela è soprattutto questo: condivisione e prendersi cura dell’altro. È un aiutarsi ad alzarsi continuo. Non solo metaforico, ma letterale: a fine vacanza si conteranno decine di cadute della sottoscritta.

2° giorno
La sveglia in barca a vela suona molto presto. Siamo in sette e, anche non volendo, ci facciamo sentire. In ogni caso c’è sempre il mare e i rumori esterni a svegliarti. Nel nostro caso erano quasi sempre le onde provocate da un aliscafo o un’imbarcazione di passaggio. Ma lo spettacolo appena svegli è immenso.

Stromboli

Alle 9 siamo già a terra ad esplorare l’Isola. Per ottimizzare i costi abbiamo scelto di non fermarci nei porti delle varie isole. Ciò ha significato: niente corrente elettrica (se non quella di un accendi sigari in sette per caricare i vari dispositivi mobile) e meno comodità per scendere. Ma la barca a vela è così: selvaggia e non sempre comoda. Ad accoglierci c’è una distesa di sabbia nera luccicante. Per raggiungere il paese c’è un bel po’ di strada da fare, in salita.

L’isola, nonostante sia vulcanica, è estremamente rigogliosa. Lungo il tragitto verso il paese incontriamo alberi di limoni, ulivi, palme, e poi gerani, bucanville e le immancabili case bianche con le finestre blu, in perfetto stile isolano. I  negozi di prodotti tipici e artigianato e persino le farmacie sono perfettamente incastonati in questo paesaggio a dir poco fiabesco.

stromboli_negozi

Arrivati in cima al paese i nostri occhi si trasformano a forma di brioche col tuppo e il nostro olfatto percepisce un solo profumo: quello della granita, pistacchio con panna per me. Ci sediamo nella terrazza del bar Ingrid, che prende il nome da Ingrid Bergman protagonista del film di Rossellini “Stromboli terra di Dio”, girato sull’isola nel 1949. Sull’isola troverete anche la casa che fu il nido d’amore dell’attrice e del regista. Tornando alla granita: non la migliore che abbia assaggiato, ma il panorama da lassù è superlativo.

granita_brioche_stromboli

La tappa a Stromboli non può non prevedere l’escursione al Vulcano. Nel nostro caso l’abbiamo tralasciata perché ci veniamo spesso e abbiamo preferito goderci un po’ il paese, i ritmi lenti, l’assenza di automobili, i fiori da fotografare e poi le porte. A Stromboli, e in generale in tutte le isole, ci sono un’infinità di porte: colorate, di legno, antiche, vissute. Amo le porte e quello che rappresentano. Accoglienza per prima cosa. Dietro una porta c’è sempre qualcuno pronto a dare il benvenuto. Mi piace pensare più alle porte che si aprono piuttosto che a quelle che si chiudono. Lungo la strada del ritorno incontriamo un albero traboccante di limoni. Chiediamo al proprietario se possiamo prenderne un paio. Risposta affermativa. Li stacchiamo con cura, grattiamo lievemente la scorza con le unghie e respirando a pieni polmoni torniamo verso il tender che ci riporterà in barca. Sembriamo tutti un po’ ubriachi. Il mal di terra è forse peggio del mal di mare.

limoni_stromboli_eolie

La navigazione riprende alla volta della nostra seconda isola: Panarea. E qui il nostro skipper Pasquale mi fa un immenso regalo consegnandomi il timone (naturalmente sotto la sua costante supervisione). Lungo la navigazione ci accompagna uno splendido esemplare di tartaruga marina caretta caretta. In questo periodo dell’anno le tartarughe attraversano il mediterraneo per depositare le uova. La schiusa è un’altra esperienza indimenticabile di cui vi parlerò molto presto. Dopo circa tre ore di navigazione ci troviamo di fronte all’isola più chic, più modaiola e più antica delle Isole Eolie: Panarea. La nostra prima tappa è l’isola di Lisca Bianca.

panarea_isole_eolie

Nel prossimo post vi parlerò di questa elegante isola e dell’ultima nostra tappa: Salina.


Le Isole Eolie sono raggiungibili facilmente sia dalla Sicilia che dalla Calabria.  Il porto più vicino è quello di Milazzo per la Sicilia, Reggio Calabria e Tropea per la Calabria. Ci sono anche collegamenti da Messina, Palermo e Napoli. Nel nostro caso siamo partiti da Tropea, per il semplice fatto che il charter si trovava lì. Per il noleggio della barca ci siamo affidati a Cabin Charter Eolie. Se decidete di viaggiare con la barca a vela compresa di skipper, preoccupatevi che sia serio e professionale, altrimenti rischiate che la vacanza si trasformi in un incubo. Il nostro è stato a dir poco impeccabile.   

 

 

Mariarita Sciarrone
Mariarita Sciarrone

Giornalista, esperta di marketing territoriale e digital strategist. Sembrano tante qualifiche, ma sono tutte racchiuse in una professione.  In parole povere mi occupo di valorizzare aziende e territori. Lo faccio principalmente mettendo assieme strategia e parole. Hai bisogno di aiuto?  LAVORA CON ME


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2 thoughts on “Viaggio slow alle Isole Eolie”

  1. Pingback: VIAGGIO SLOW ALLE ISOLE EOLIE - di Mariarita Sciarrone - Cabin Charter Eolie
    1. Mariarita Sciarrone ha detto:
      Giugno 14, 2017 alle 7:21 am

      Grazie mille per la condivisione

      Rispondi

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✍🏼Scrivo contenuti e creo strategie digitali per aziende che hanno un’anima. 📍#Calabria e #suditalia lenti Nostalgica per vocazione 👉@secretcalabria

Mariarita Sciarrone | copywriter & digital strategist
Gran parte di tutta questa bellezza sono riuscita Gran parte di tutta questa bellezza sono riuscita a vederla grazie a te, papà. Grazie al tuo sconfinato amore per il nostro #strettoindispensabile. 

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Ho scelto di raccontare un’altra Calabria. Lo St Ho scelto di raccontare un’altra Calabria. Lo Stretto Indispensabile è nato per questo. 
Sono passati 12 anni dal mio ritorno qui. Non mi sono pentita di essere andata via, non mi sono pentita di essere tornata. Non ho mai giudicato chi è andato via, però spiace che spesso le parole più crude verso la Calabria provengano da calabresi. 
Li osservo mentre da lontano mettono la Calabria al centro dei loro racconti. E non sono bei racconti, no. Sono quelli che scrivono “Cercasi commesso volenteroso da subito. Astenersi calabresi”. 
Ma è uno scherzo, dice il calabrese che l’ha scritto. Una goliardata. 
Scherzi mal riusciti a parte, figli di un volersi tirare la zappa sui piedi ad ogni costo, è come se urlassero al mondo: “lo vedi che ho fatto la scelta giusta ad andarmene?”.
Sono i delusi, gli sfiduciati. Quelli che non li convincerai mai, perché hanno condannato all’ergastolo la regione che li ha partoriti e l’unico modo che hanno per dimostrare il loro amore è quello di lanciarle dardi. 

Quell’altra Calabria non la racconto per loro, abbiamo detto che non li convinceremo mai. 
La racconto per gli altri, per chi ne sente l’urgenza e per chi come me sogna una migrazione al contrario. È ambizioso come sogno, lo so. Ma la vision è fatta di questo. Di sogni. E per fortuna non sono da sola.

Lì fuori è pieno di persone che credono in questa vision e raccontano una Calabria resiliente, i borghi e i luoghi che i calabresi per primi non conoscono, le tradizioni che rischiano di andare perse, i giovani che a colpi di ascia e innovazione stanno distruggendo le fondamenta di una terra considerata perduta, per costruire imprese etiche, aziende biologiche, progetti inclusivi. 
Le ho incontrate queste persone, ho ascoltato le loro storie, ci siamo scelti per lavorare assieme, hanno la luce negli occhi e idee così belle che ti viene solo da abbracciarle. 

Ho scelto di dare voce a loro e a questa Calabria, non perché abbia i paraocchi e non veda tutto quello che non va.
Ma perché di quella Calabria lì, quella sbagliata, sono bravi a parlarne tutti, siete più bravi a parlarne voi. Io no.
Io racconto altro, per chi ha voglia di ascoltare.
Ciao, febbraio. Sei stato tante cose e tante prime Ciao, febbraio.
Sei stato tante cose e tante prime volte.
Il ritorno nei borghi, la prima volta a Parigi, pranzi in mensa, molte sveglie all’alba, vestiti di carnevale che sudi sette camicie per farli indossare a tua figlia, salvo poi non riuscire a toglierglieli neanche per dormire. 
Compleanni e candeline da soffiare. 
Sei stato un mix di ruoli di responsabilità, orgoglio, soddisfazione, ma anche senso di impotenza, lacrime e notti col cuore pesante. Viaggi in treno, in macchina, in autobus, in aereo, ma quel che conta viaggi.
Sei stato la dura legge della conciliazione vita-lavoro, mamma-lavoro, figlia-lavoro, compagna-lavoro, amica-lavoro. E per quanto mi ripetano che non sono il mio lavoro, ho fatto pace con la verità che sono anche il mio lavoro. E l’unico modo che ho per non soccombere, è provare a conciliare. C’è da dire, infine, che la mia conciliazione passa anche dal trascorrere serate a cercare una Barbie che non è una Barbie, ma una costruzione dei lego. 
Sei stato tante cose, febbraio. Ma più di tutte sei stato la certezza che andando via tu, hai lasciato posto alla primavera. Poco importa se sono previsti bruschi cali di temperatura, marzo pazzerello e via dicendo. Io ho comunque detto ciao ciao all’inverno.
“Vattene dai luoghi che non ti guardano le spall “Vattene dai luoghi che non ti guardano le spalle”.
Ché di fronte ai nostri occhi abbiamo sempre il mare, ma dietro di noi è la montagna che ci guarda le spalle. 

È la montagna che ha protetto la gente di questa terra durante le incursioni saracene.
Siamo gente di mare, ma le tradizioni sono tutte lì, in mezzo ai boschi.
Non scordarlo mai! 

#lostrettoindispensabile #tramareemonti #storiacalabria
Le strict nécessaire de Paris. Parigi se ne freg Le strict nécessaire de Paris.

Parigi se ne frega. Se le parli in inglese, se ne frega. E ti costringe a dare fondo a tutte le tue reminiscenze scolastiche. Ché alla fine ti chiedi dove le hai pescate quelle parole in francese, tu che il francese non lo hai mai studiato.

Parigi ti guarda con l’aria superba, di chi sa di essere sfacciatamente bella e può permettersi anche un hotel in centro dove i riscaldamenti non funzionano. Che diamine, sei a Parigi.

Se ne frega, ma solo apparentemente. Ché sotto il braccio nasconde la baguette, ma in mano ha un libro per imparare l’italiano e sfoggia ristoranti e pizzerie che sventolano il tricolore.
Però non temere, Parigi. Sei bella assai. 

Luoghi comuni su Parigi, che non sono poi così comuni ne avete?

#paris #parisvibes #visitparis #viaggianord #parigidascoprire #inviaggioaparigi #viaggidilavoro
Vino e territorio, cibo e territorio. L’unione Vino e territorio, cibo e territorio. 
L’unione tra questi elementi è sempre stata vincente. Eppure, a volte si tendono a dare per scontate le risorse, la propria autenticità e unicità. 
In questi giorni ho assaggiato moltissimi vini, per lo più calabresi ma non solo. 
Vini biologici, vini premiati, ma anche liquori artigianali. 

Ho conosciuto la storia di molte aziende, le ho osservate da vicino, ho visto la loro unicità anche quando non traspariva dalle loro parole.
Insieme abbiamo raccontato a giornalisti e visitatori professionali non solo il vino, ma soprattutto il territorio. Perché un vino si nutre di questo: della terra in cui crescono le sue uve. Del vento che soffia lungo i vitigni, di quanto estrema sia la viticoltura. 
Non è solo il territorio a fare un buon vino. È questione di pazienza, amore, dedizione, lungimiranza. E poi radici.
Ho assaggiato tanti vini, dicevo.
Per tre lunghi giorni e in orari in cui non sono solita bere. Ma ho anche degustato i prodotti identitari del territorio.
Con un pizzico di orgoglio, lo ammetto, ho osservato l’interesse da parte di produttori e giornalisti verso una regione considerata dai più come un luogo senza speranza, dimenticato, in cui non c’è nulla. 
La narrazione è per lo più questa, ma per fortuna c’è una contro narrazione. 
Il mio ringraziamento va soprattutto agli artefici di questa contro narrazione. A tutti gli imprenditori che hanno costruito oasi nel deserto, che hanno piantato semi in terreni giudicati aridi e che sono andati avanti quando tutti gli dicevano di mollare. A chi se n’è andato, ma non ha mai smesso di raccontare la Calabria, elevandola. Grazie!

#wineparis2023 #wineexhibition #parisexposition #calabresinelmondo #prodotticalabresi #vinibiologici #vinicalabresi #calabriastraordinaria #winetasting #wineparis
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