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promuovere il territorio sui social
Cinque regole da seguire per promuovere un territorio sui social

Cinque regole da seguire per promuovere un territorio sui social

Gennaio 16, 2018 Mariarita Sciarrone

Il valore delle immagini

Ricordiamo il 20% di quello che leggiamo e il 70% di quello che vediamo. È il potere del visual, bellezza! Se è vero che le parole sono importanti, una buona immagine è fondamentale; per promuovere un territorio sui social è indispensabile. Le immagini ci vengo in aiuto per attirare l’attenzione dell’utente, farlo soffermare sul nostro post e portarlo a pensare: “ok, io adesso vorrei preparare la valigia per andare a vedere questo posto incantevole”. Un buon testo a corredo aiuta l’utente a farla davvero quella valigia.

Grazie ai social gli utenti si sono avvicinati a territori prima inesplorati e completamente sconosciuti. È cresciuta la voglia del viaggio e della scoperta. Ad esempio, io grazie ai social ho scoperto che a Bologna c’è un posto dove sembra di essere a Venezia, invece ti trovi in Via Piella e quanto sia magicamente bella Polignano a Mare.

promuovere un territorio

Nell’ultimo rapporto sul Turismo realizzato da Unicredit, in collaborazione con Touring Club Italiano si legge come:

“la tecnologia ha ampliato a dismisura la possibilità di reperire informazioni, ha rivoluzionato il tradizionale concetto di intermediazione, ha ridotto conseguentemente l’asimmetria informativa tra produttore e consumatore, offrendo a quest’ultimo la possibilità di generare contenuti propri e di diffonderli in modo pervasivo attraverso gli strumenti social. Ha, inoltre, favorito la nascita di community che, desiderose di praticare un turismo più immersivo e meno omologato, hanno fatto letteralmente esplodere il fenomeno dell’ospitalità tra privati che solo in Italia nel 2016 ha riguardato 5,6 milioni di persone. Per non parlare poi dei dispositivi mobile, della miriade di app che hanno trasformato in poco tempo “il turista in un soggetto molto più “competente” e “indipendente”.

Di fronte ad un cambiamento simile, la promozione del territorio deve passare necessariamente dai canali social.

Come promuovere un territorio sui social – da dove iniziare

Nell’anno avanti social il punto di partenza per promuovere un territorio era il piano di marketing territoriale, strutturato più o meno così:

  • analisi di contesto, in cui si analizzava il territorio di riferimento, partendo dalla sua storia, dalle risorse, dai flussi turistici e dall’offerta ricettiva;

  • benchmarking, in cui venivano analizzati territori similari per storia, morfologia e il modo in cui venivano promossi;

  • analisi s.w.o.t con definizione dei punti di forza e debolezze di quel territorio, opportunità e minacce;

  • si passava poi agli obiettivi generali e specifici;

  • infine, si delineava la strategia d’intervento e si elencavano le attività per raggiungere gli obiettivi.

Dopo i social niente è rimasto come allora. Nell’era della società liquida, si tende a mettere da parte questo preziosissimo documento, che invece dovrebbe  funzionare un po’ da bussola, per passare direttamente all’azione. Questa è la ragione per cui molte imprese non raggiungono i risultati sperati: perché sparano nel mucchio, senza una strategia dietro, senza individuare il proprio target di riferimento e i propri competitor. Per questo motivo il punto di partenza per promuovere un territorio rimane il piano di marketing territoriale.

Ma quali sono le regole per promuovere un territorio sui social?

Una volta che abbiamo chiaro in mente cosa vogliamo promuovere, quali sono le vocazioni naturali di un territorio, ci sono alcune regole che, se rispettate, vi faciliteranno il lavoro.

Conoscere la storia

Se non conosci la storia del territorio, difficilmente potrai trasmetterne al tuo pubblico la sua bellezza e promuoverlo al meglio. Immaginate di dover convincere qualcuno a visitare il luogo in cui vivete. Come potete spiegarne le ragioni per cui dovrebbero visitare quel posto se non lo sapete neanche voi? Il consiglio è quello di andare per primi alla scoperta di quel territorio, parlare con gli abitanti del posto, le persone che ogni giorno vivono quel territorio e che conoscono le tradizioni più antiche.

Raccontare un’esperienza

La seconda regola da tenere a mente è raccontare un’esperienza. Le persone non si accontentano più di essere turisti, vogliono essere viaggiatori e immergersi nella cultura locale. Non è un caso che il portale on line Airnbn abbia di recente introdotto la sezione “esperienze”.

“Le esperienze sono passeggiate o altre attività progettate e gestite da host del luogo, che forniscono agli ospiti un accesso privilegiato a luoghi e comunità della propria città”.

A promuovere il territorio sono come sempre gli host, che assieme alla propria casa o stanza, possono offrire al viaggiatore un’esperienza in quel territorio. Qualche esempio?  Chi sceglie di soggiornare a Roma e dintorni può approfittare di una degustazione di vini totalmente bio in un’azienda vitivinicola di Frascati o scoprire i sapori ed i profumi della città eterna attraverso un’esperienza culinaria in bicicletta.

promuovere il territorio - airnbnb

Coinvolgere gli utenti

Il modo migliore per promuovere un territorio sui social è far diventare gli utenti ambasciatori di quel territorio. Come? Incentivandoli a raccontare il posto in cui vivono se sono persone del posto o invitandole a condividere una foto, lasciare una recensione, fare un breve filmato, se sono dei turisti. In un progetto più ampio, il consiglio è quello di rivolgersi a persone influenti sfruttando educational tour sul territorio o coinvolgendo veri e propri ambassador. È il caso, ad esempio, della Regione Marche e della campagna di promozione turistica “ViviAmo Marche”  che ha coinvolto venticinque ambasciatori marchigiani (di nascita, di adozione, di frequentazione e di affetto) che hanno scelto di raccontare le Marche. Tra questi: Neri Marcorè, Dante Ferretti, Diego della Valle. La campagna, declinata sui social, è nata con l’obiettivo di “fondere in un’unica campagna di comunicazione le eccellenze umane, culturali, artistiche, architettoniche, paesaggistiche, enogastronomiche, sportive, economiche della regione”.

Pensare al territorio come ad un brand

Perché pensare al territorio come brand? Perché il territorio italiano presenta delle specificità uniche nel suo genere. Viviamo in un paese in cui ogni regione ha una sua identità, una sua storia e una sua vocazione unica. Ragion per cui ogni territorio può essere visto come un vero e proprio brand, con un’identità precisa. Non c’è più solo il territorio, ma in gioco ci sono un insieme di fattori che contribuiscono a renderlo unico. Il fattore vincente che aiuta a veicolare il territorio come un brand può essere un prodotto alimentare, uno stabilimento termale, un aspetto culturale.

Fidelizzare gli utenti

Il passaggio successivo è quello di fidelizzare gli utenti e fare in modo che si affezionino a quel territorio al punto da sentirsene parte. Tra gli strumenti di brand loyalty ci sono:

  • contest
  • insatwalk
  • creare una community o coinvolgere quelle già presenti sul territorio

Naturalmente ogni piattaforma social va utilizzata nel modo più corretto per la promozione del territorio. C’è però una regola che vale per tutti i social: essere autentici.

Se vuoi approfondire quest’argomento, puoi partecipare al prossimo evento gratuito a Latina in cui terrò uno speech su “Come promuovere il territorio sui social”. L’evento è gratuito, basta iscriversi qui

Se conosci altre regole per promuovere il territorio sui social, scrivimele in un commento.

Mariarita Sciarrone
Mariarita Sciarrone

Giornalista, esperta di marketing territoriale e digital strategist. Sembrano tante qualifiche, ma sono tutte racchiuse in una professione.  In parole povere mi occupo di valorizzare aziende e territori. Lo faccio principalmente mettendo assieme strategia e parole. Hai bisogno di aiuto?  LAVORA CON ME


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✍🏼Scrivo contenuti e creo strategie digitali per aziende che hanno un’anima. 📍#Calabria e #suditalia lenti Nostalgica per vocazione 👉@secretcalabria

Mariarita Sciarrone | copywriter & digital strategist
Nessuna storia dietro questo reel, nessun racconto Nessuna storia dietro questo reel, nessun racconto.
Solo una canzone che mi piace molto e uno dei mie posti del cuore che a Settembre “rende” meglio.
Un mare così bello che mi sembrava un peccato non condividerlo con voi.
Dicono che sta per arrivare l’autunno. Per me ogni giorno come questo è un giorno sottratto all’inverno ♥️

#lostrettoindispensabile #igersreggiocalabria #scillarc #calabriastraordinaria #igerscalabria #igcalabria #raybanstories
Lettere dal mare, 10 settembre 2023 Scrivo questo Lettere dal mare, 10 settembre 2023

Scrivo questo pensiero dalla riva del mare, in un giorno in cui il calendario e la temperatura esterna ci dicono che è ancora estate, eppure attorno si respira l’atmosfera autunnale. 
La destagionalizzazione è un concetto che tocchiamo con mano ma che non abbiamo il coraggio, la voglia di fare nostro.
Ripenso alle parole di Gioacchino Criaco, durante le lezioni popolari di “una festa del giornalismo” a cura de @bizzolo_periodico . Lo scrittore Gioacchino Criaco è sceso dalla cattedra - anche se non l’ho mai visto “salire” in alcuna cattedra - e si è seduto allo stesso livello del pubblico. Una festa del giornalismo per riflettere e tornare a parlarci. Perché in fin dei conti è l’unica cosa che può salvarci. 
La sua storia somiglia a tante altre di noi meridionali. È una storia di fuga dal sud, da questa “madre nera che era l’Aspromonte”, nel suo caso.
“Sono scappato dal buio per cercare la luce. E questa luce era nell’unica prospettiva che noi avevamo - per raconto, per narrazione - che stava a nord.” 
Ma la sua è anche una storia di ritorno, di quelle che ultimamente sto sentendo più spesso. 
Penso e ripenso se sia davvero il caso di continuare a parlare di questo sud che sta cercando di alzare la testa, senza voler passare da vittime. 
Ed è in questa lezione popolare di Gioacchino Criaco che mi vengono ricordate le parole di Corrado Alvaro, “del calabrese che vuole essere parlato”, trattato da uguali fra gli uguali, non messo tra parantesi, non ignorato, non comandato. Ma sono passati settant’anni da queste parole. 
C’è ancora bisogno di ribadirle? Purtroppo sì. Perché esiste ancora quel senso di condizione di inferiorità, quel bisogno di sentirsi legittimati.
Me lo sono chiesta il perché e l’ho ritrovato in alcuni commenti sotto a contenuti pubblicati nell’ultimo periodo. Ho fatto screenshot solo al più recente. 
Sono commenti pubblici, chi li ha scritti ci avrà pensato prima di scriverli. O magari no, ma l’educazione digitale dovrebbe partire da questo: prendersi la responsabilità di ciò che si vomita addosso alle altre persone. 
(Continua nei commenti)
Per noi fuorisede dei primi anni 2000, l’amaro e Per noi fuorisede dei primi anni 2000, l’amaro era uno dei prodotti che più ci avvicinava a casa. In quegli anni l’amaro calabrese era solo uno e lo trovavi in pochi posti eletti.
Così ce lo facevamo spedire con il famoso pacco da giù, quando ancora non si chiamava così. E quando ci consegnavano il pacco era gioia infinita, perché nelle nostre case sgangherate di studenti fuori sede non arrivava un semplice amaro. Arrivava un po’ di famiglia, amici, un po’ di casa. Bastava svitare quel tappo marrone per evocare i nostri ricordi più cari. Offrire un bicchiere d’amaro a chi veniva a trovarci era un po’ come dire: benvenuto a casa mia, ti presento la #Calabria. 
L’amaro, quell’amaro lì, rappresentava un pezzo della nostra identità. Trovarlo in un locale era come riconoscersi, sentirsi parte di qualcosa di più grande.

Oggi gli amari calabresi in circolazione sono tantissimi, ogni provincia è rappresentata da uno o più amari e non si fa più alcuna fatica ad averlo in una casa fuori dalla nostra regione. Ognuno con la sua storia, i suoi profumi, la sua identità.
Alcuni dei migliori amari del mondo sono prodotti qui in Calabria. 

Per questo è nato il contest “Amara Calabria”, giunto alla seconda edizione.
L’obiettivo non è quello di individuare l’amaro migliore ma il drink migliore a base di uno tra gli amari calabresi scelti. Venti tra barman e barlady si sono sfidati per aggiudicarsi il premio per il cocktail migliore. 
A vincere questa edizione, Cristina Familiari. Il suo drink, a base di amaro “Foraffascinu”, ha conquistato il primo posto. Al secondo posto Tindaro Gemellaro con l’amaro Kaciuto e al terzo posto Vasile Vidrasco, in gara con l’“Amaro del Capo”. 
Un grazie speciale al Piro Piro per aver organizzato questo evento a Reggio Calabria e a Giovanna Pizzi per averne curato la comunicazione come sempre in modo impeccabile.
#amaracalabria #amaricalabresi #amariitaliani #bitter #calabriadrink
Ci sono dei luoghi che ancora resistono ad un cert Ci sono dei luoghi che ancora resistono ad un certo tipo di turismo.
Che uno pensa sia un limite, poi una sera a cena alla @locanda_cocintum ho conosciuto Rossana, una ragazza napoletana che non te le manda a dire, che mi ha illuminata.
I calabresi sono resistenti. Non cedono al capitalismo che vuole tutto basato unicamente sul profitto, al calabrese non gliene frega niente se è agosto, se
ci sono i turisti. All’ora di pranzo il gestore del chiosco chiude e se tutto va bene riapre alle 17, dopo il pranzo a casa, dopo il giusto tempo dedicato al riposo. 
C’è una parte di Calabria che resiste. Dove ti siedi a mangiare in una trattoria e una pizza margherita costa ancora il giusto, 4 euro e le linguine allo scoglio 
11 euro. Una cosa così straordinaria ormai, che il menù lo devi fotografare. 

Quei luoghi dove il sapone lo sanno fare ancora in casa e anche se la ginestra non si tesse più, vengono comunque insegnati tutti i passaggi della lavorazioni. Che certe tradizioni è importanti non vengano perse. 
Questi luoghi qui, esistono e resistono. 
Resiste l’ultimo intrecciatore di cestini della Vallata dello Stilaro, resiste chi torna e si reinventa.

Alcune persone vengono da fuori a dirci come dobbiamo campare, salvo poi celebrare la #vitalenta, ma solo su Instagram. Nel frattempo, quella vita lì si sgretola tra le mani. L’identità di un territorio pure. A me personalmente basta sedermi al tavolo di un ristorante e trovare piatti che parlino di quel posto, conversare con il personale di sala che conosce com’è fatto il menù, da dove provengono le materie prime, mi basta leggere un menù per capire se mi trovo nel luogo giusto. 
Mi basta trascorrere due giorni in un posto che quando è arrivato il momento di andar via, anche se non ho visto tutto, quel posto lo conosco al punto che non mi resta l’amaro in bocca per le cose che non ho visto. Tanto so che ci voglio ritornare.
Questo per me vuol dire promuovere e valorizzare un territorio. Lasciare in chi va via il desiderio di ritornare ♥️ 

#raccontiasud #destinazioniitaliane #calabria #valorizzareterritorio
È per questo che amo vivere al Sud. Vi ricordate È per questo che amo vivere al Sud.
Vi ricordate quelle giornate di caldo torrido , a luglio? Quelle in cui la terra bruciava, soprattutto al sud?
In quei giorni avevamo deciso di andare a stare nella casetta al mare, pensando fosse più sostenibile. Ma se devi lavorare il caldo è caldo ovunque. Il nostro Smart working fu Smart per una sola ragione: abbiamo adottato tecniche di sopravvivenza.
La mia è stata questa: la mattina mi svegliavo alle 6 per il troppo caldo. Andavo al bar, prendevo una granita pesto di pistacchio e panna con brioche da portar via e mi dirigevo alla spiaggia dei pescatori. Alle 7 tornavo a casa, con i capelli ancora bagnati e iniziavo a lavorare. Il mare lo rivedevo alle 19.
Non ho mai smesso di lavorare in quei giorni, ma riguardando questo video mi torna in mente quella sensazione di benessere e la bellezza di tutta questa semplicità. 
Lo so che per molti è nulla, ma per me è l’essenza del vivere qui.
Amare questi luoghi d’estate è facile, ma io li amo anche d’inverno. A me basta ci sia il mare e tutto assume un’altra forma.
E non so proprio come spiegarlo. Magari guardando questi frammenti ve lo riesco a trasmettere. ♥️ Ché non è solo per il mare, me il mare c’entra sempre. 

#lostrettoindispensabile #viaggiasud #tiraccontounastoria #raccontiasud #igerscalabria #igersreggiocalabria
Negli ultimi dieci giorni ho girato moltissimo. Tr Negli ultimi dieci giorni ho girato moltissimo. Tra i paesi calabresi, soprattutto.
Ed ho avuto conferma di molte cose:
1. i paesi sono più vivi che mai, a dispetto di tutte le persone che dicono il contrario;
2. la piazza resta sempre il centro aggregante dei paesi. Più volte ho sentito ragazzi scambiarsi frasi che non si sentono più, tipo: “ci vediamo in piazza”; 
3. ci sono ragazzi e ragazze  che stanno ribaltando la logica che nei paesi non c’è niente. Sono riusciti a fare rete. Li senti parlare e ti si apre il cuore, si accende la speranza. Ché la verità è che nei paesi non c’è niente fin quando qualcosa non la fai accadere. A San Vito sullo Ionio, alcuni di questi ragazzi organizzano da sette anni il festival @sonativicinu. Con loro e con altre splendide persone abbiamo parlato di valorizzazione del territorio, di come raccontare il territorio, di comunità, della ricchezza delle storie calabresi, dell’importanza di acquisire consapevolezza di tutta questa bellezza. 
4. la storia di un paese è tra le sue rughe, termine che in passato veniva usato per definire le strade. Le stesse rughe che caratterizzano le persone anziane. La memoria storica di trova quindi lì, e non può andare persa. 
5. Mi hanno detto che parlo così dei paesi perché non ci vivo tutto l’anno, ma queste  persone non sanno che io vivo molto più i paesi che la città. Ed è nei paesi che io mi sento completa. A chi mi chiede perché non ci vivo stabilmente, rispondo che oggi non ci vivo solo per caso e che l’inverno al sud è duro anche se vivi in città. Ma se hai una rete ben salda, un lavoro che ti piace, gli affetti e degli hobby puoi vivere ovunque.
6. i bambini nei paesi ci sono, anche se ve ne sono molti meno, non so se siano più felici, ma sono più liberi. E la libertà va un po’ a braccetto con la felicità.
7. la menta nei paesi non finisce. E la prossima volta che qualcuno mi dice che nei paesi costa tutto di più vi mando quel signore toscano che ha strabuzzato gli occhi quando gli hanno chiesto 16 euro per un amaro Jefferson, un Negroni sbagliato, un americano e un gin tonic con gin medium (quando ha sentito il prezzo  ha chiesto il gin premium). 
#raccontiasud #tiraccontoipaesi
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