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Instagram Stories: come creare filtri instagram e Facebook

Instagram Stories: come creare filtri instagram e Facebook

Settembre 29, 2020 Mariarita Sciarrone

Come creare filtri instagram per le stories

Da circa un anno Facebook ha dato la possibilità a tutti gli utenti di creare i filtri instagram e Facebook da utilizzare nelle stories. Un ulteriore modo per dirci che possiamo diventare tutti creator digitali se lo vogliamo davvero. Ma come si creano i filtri instagram? Se ti stai chiedendo come fare a creare il tuo filtro personale o quello della tua azienda, continua la lettura.

La prima cosa che ti serve per creare un filtro instagram è scaricare gratuitamente il software Spark Ar Studio. Grazie a questo programma potrai, infatti, realizzare effetti in Realtà Aumentata da applicare nelle tue stories facebook e instagram.

Partiamo dal concetto che creare la propria maschera non è così semplice, anche se in rete troverai tantissimi articoli che ti diranno che ci vogliono pochi minuti. In realtà, se non hai dimestichezza con la piattaforma, ti ci vorrà un po’ di tempo per imparare ad usarla. Per questo ti consiglio di iniziare con maschere molto semplici ed effetti basilari. Se invece ti serve qualcosa di più avanzato, ti consiglio di rivolgerti ad un professionista, o in alternativa prepararti a studiare un bel po’.

Filtri instagram: guida iniziale Spark Ar

Una volta scaricato Spark Ar e dopo esserti registrato sulla piattaforma, dovrai cliccare su New Template e ti apparirà la schermata che vedi di seguito. Cliccando sull’icona della videocamera nel menù a sinistra, potrai cambiare il volto e aggiungere il tuo.

Guardando la foto in alto troviamo il blocco denominato “Scene” dove avremo il controllo di tutte le attività e gli effetti che andremo ad aggiungere. Più in basso invece ci sono gli “assets“, dove potremo inserire i materiali, texture, animazioni.

In questo articolo ti illustrerò come creare un filtro facciale. Per iniziare a creare il tuo filtro dovrai cliccare sul menù in alto la voce “Add“. Ti si aprirà un menù a tendina e da qui troverai tutte le funzionalità di Spark Ar. Cliccando su “Scene Understanding” e “Face Tracker” avrai la possibilità di costruire un effetto per i volti. Lo stesso passaggio potrà essere effettuato cliccando su “Add Object” sotto la sezione “Scenes”.

Una volta selezionato face tracker, te lo ritroverai nel pannello “Scene”. Posiziona il cursore del mouse su “Face Tracker” e clicca il tasto destro del mouse. Qui ti apparirà un altro menù con una serie di opzioni. Selezionando “Add”, avrai tutte le scelte possibili. E questo è il punto di partenza per l’aggiunta di qualsiasi effetto. Da qui possiamo aggiungere un “Canvas”, un oggetto 3d, un “plane”, un punto luce, o particelle di qualsiasi genere da far uscire (come ad esempio i peperoncini che escono dagli occhi nel mio filtro). Per iniziare ti consiglio di aggiungere un “face mesh“, nient’altro che un modello 3D in grado di intervenire sulle espressioni tracciate dal “face tracker“.

Spark Ar: aggiunta materiali e texture

Dopo aver aggiunto il face mesh, non devi far altro che evidenziarlo con il mouse, spostarti sul menù che trovi sulla destra e cliccare su “materials“.

Il material creato, apparirà sulla colonna di sinistra, denominata assets. A quel punto ti consiglio di rinominarlo. Il primo effetto basic che solitamente si crea è il “retouching”, quindi denominalo così o semplicemente ritocco.

Spostati sulla colonna di destra e cliccate su “Shader Type” e successivamente su “Retouching“. Scegli l’intensità dello strumento levigante (senza esagerare) e il secondo passaggio può dirsi completato.

Il secondo passaggio è quello di aggiungere un ornamento, che può essere un logo, un accessorio, un testo. Per fare questo dovrai aggiungere al “Face Tracker” un “Plane” o un “Canvas”. Il Plane è un oggetto 3D piatto che può essere posizionato a qualsiasi profondità all’interno della scena. È possibile utilizzare un piano per posizionare un’immagine o una trama 2D nello spazio 3D.

Filtri instagram: inserire testi o ornamenti

Nel caso del mio filtro io ho inserito una serie di “Canvas”. Ti illustro il procedimento:

sulla colonna di sinistra clicca su Add Obljcet e poi su Null Object. Successivamente clicca su quest’ultimo con il tasto destro e inserisci il Canvas, poi clicca su Canvas e inserisci un rettangolo. Spostati poi sulla colonna di destra e clicca su “Widht” impostando l’opzione “Fill Widht” e fai la stessa cosa su “Hight” impostando l’opzione “Fill Hight”. Il rettangolo occuperà in questo modo tutto lo schermo.

Sempre dalla colonna destra, però in basso clicca su “materials” e aggiungi un nuovo materiale. Il mio testo “Calabria Feeling” l’ho creato su Canva, con il piano in abbonamento. Te lo dico perché è necessario che l’immagine o il testo, venga salvata con lo sfondo trasparente. Se non hai il piano Pro di Canva puoi usare tanti programmi on line gratuiti o photoshop. Una volta aggiunto il nuovo materiale, abbi sempre cura di rinominarlo. Dirigiti poi sulla colonna destra e vai alla voce “texture”, cliccando su “new texture” e inserendo dal pc l’immagine con sfondo trasparente che hai salvato in precedenza. La tua immagine (nel mio caso la scritta Calabria Feeling) è ora visibile. Non ti resta che decidere la posizione e puoi farlo agendo sul menù di destra e tenendo il cursore sulla puntato sul tuo canvas, nel pannello scenes. Come vedi nell’immagine a seguire, in alto a destra trovi le varie opzioni di posizionamento dell’immagine. Per posizionarlo come meglio credi, puoi agire sul pannello al centro.

Inserire data o giorno della settimana nei filtri instagram

Una volta inserito il tuo ornamento (con lo stesso procedimento che ti ho illustrato sopra, puoi inserire un ornamento sulla testa, l’importante è salvarlo con sfondo trasparente), puoi passare ad aggiungere il giorno della settimana o la data.

Torna su Canvas (dove hai inserito l’immagine precedente), clicca su “Add” con tasto destro e aggiungi un “2d text”. Il testo ti apparirà piccolino in alto. Spostati poi sul menù di destra, scegli la posizione come fatto in precedenza, il colore del tuo testo, il font e poi vai alla voce “Dynamic test” e clicca su “insert”. Io ho scelto di inserire “Day of Week” ma ci sono diverse opzioni.

Come vedi ci sono tantissime cose che si possono inserire in un filtro. In un prossimo post ti spiegherò come creare l’effetto vintage e fare uscire particelle dagli occhi. Nel frattempo se ti va, esercitati e fammi sapere come va. E una volta completato?

Torna sul menù a sinistra e procedi con l’esportazione e l’upload. Prima di procedere, ti consiglio di testare il tuo filtro cliccando su “test on device”. Una volta soddisfatto, salva il tuo effetto sul pc. Dopo di che procedi con l’esportazione cliccando su “exporta e upload”. A quel punto finirai sulla piattaforma di Spark Ar, dove dovrai compilare tutti i campi richiesti, descrivendo il tuo filtro e la categoria qui appartiene, la destinazione di utilizzo (Facebook o Instagram).

Per completare il tutto dovrai creare un’icona e dare un nome all’effetto. Infine occorre creare un video dimostrativo dell’effetto utilizzato. Una volta fatto questa puoi cliccare sul tasto “invia” posto in alto a destra della pagina. A quel punto il testo passerà in revisione e una volta approvato sarà visibile sul tuo profilo instagram e nella galleria degli effetti.

Catteristiche del mio filtro per le storie Intagram: Calabria Feeling

Se mi segui su Instagram ti sarai forse imbattuta nel mio filtro Calabria Feeling. Il mio primo filtro Instagram non poteva Che essere un omaggio alla Calabria, da cui traggo ispirazione ogni giorno per i miei contenuti.
Per il primo filtro non ho creato nulla di complesso, ma al suo interno ci sono diversi elementi: un leggero ritocco del viso tanto per iniziare, i peperoncini che escono dagli occhi, un effetto vintage, una grana che dona un color pesca alle foto, il testo Calabria Feeling e il giorno della settimana . Per quanto riguarda il ritocco del viso, ho messo una percentuale davvero leggera, non superiore al 30% perché non mi piace l’effetto troppo patinato. Non dovevano uscire i peperoncini dagli occhi, ma la forma della regione calabria. Volevo allontanarmi dallo stereotipo, ma poi mi hanno detto che la forma di una regione non è facilmente riconoscibile. Non sono d’accordo e non perché la ritengo unica, cioè un po’ sì, non fosse altro perché la forma della calabria è la suola dello stivale, quindi la ritengo unica nel suo genere, un po’ come la Puglia che è rappresentata dal tacco.

Comunque non ho cambiato idea per questo, ma perché alla fine i peperoncini sono davvero rappresentativi di questa regione così verace. Il fatto è che ce l’hanno raccontata male, come se qui ci fosse solo ‘nduja e soppressata. La Calabria invece è molto di più.

Calabria-Feeling-filtri-instagram-storiesDownload

Perché Calabria Feeling?

Ma cosa vuol dire Calabria Feeling? È un gioco di parole e si riferisce ad uno stato d’animo, un vero e proprio modus vivendi. Calabria feeling sono vecchie sedie di vimini, peperoncini pronti per essere essiccati al sole, ma anche fichi e pomodori. La domenica trascorsa a pranzo a casa dei genitori o dei nonni, per chi ha ancora la fortuna di averli. I muri scrostati di una casa antica in un borgo dell’entroterra. È cucinare per tre e ritrovarsi a mangiare in otto, che a digiuno non si resta sicuro. È il mare ad ottobre, la montagna ad agosto, il Bergamino di mamma e i peperoni ripieni come li faceva nonna, è scendere le scale di casa e sentire il profumo del sugo che cuoce a fiamma lenta alle 7 del mattino. Calabria feeling è un affare di famiglia, non un malaffare, di quelle famiglie ingombranti, chiassose e imperfette, che a volta non sopporti, ma di cui sai che non ne puoi fare a meno. È voler andare via, ma continuare ad avere la testa qui tutte le volte che ci si allontana.

Per questo Calabria Feeling è anche il pacco da giù, è la nostalgia che ti prende il sabato pomeriggio mentre passeggi per le via di una città che non è tua, è il profumo di pane e di tante cose antiche. Sono le mani ruvide dei contadini e i prodotti buoni dell’orto. Sono tutte le persone che hanno scelto di restare per rendere questa terra di migliore, ma anche quelle che hanno avuto la forza di spiccare il volo per inseguire i propri sogni. E’ un volto di ritorno in un aeroporto con pochi voli a disposizione e che il più delle volte ha costi inaccessibili, è un abbraccio vigoroso, di quelli che facciamo fatica a dimenticare, a dispetto della pandemia che stiamo vivendo. Calabria Feeling è uno stornello, un dialetto antico, un sentimento sincero. Un omaggio alla mia terra, che ogni giorno tento di raccontare al meglio.

Vuoi creare il tuo filtro instragram personalizzato? Chiedimi una consulenza.

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Mariarita Sciarrone
Mariarita Sciarrone

Giornalista, esperta di marketing territoriale e digital strategist. Sembrano tante qualifiche, ma sono tutte racchiuse in una professione.  In parole povere mi occupo di valorizzare aziende e territori. Lo faccio principalmente mettendo assieme strategia e parole. Hai bisogno di aiuto?  LAVORA CON ME


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✍🏼Scrivo contenuti e creo strategie digitali per aziende che hanno un’anima. 📍#Calabria e #suditalia lenti Nostalgica per vocazione 👉@secretcalabria

Mariarita Sciarrone | copywriter & digital strategist
Lettere dal mare, 10 settembre 2023 Scrivo questo Lettere dal mare, 10 settembre 2023

Scrivo questo pensiero dalla riva del mare, in un giorno in cui il calendario e la temperatura esterna ci dicono che è ancora estate, eppure attorno si respira l’atmosfera autunnale. 
La destagionalizzazione è un concetto che tocchiamo con mano ma che non abbiamo il coraggio, la voglia di fare nostro.
Ripenso alle parole di Gioacchino Criaco, durante le lezioni popolari di “una festa del giornalismo” a cura de @bizzolo_periodico . Lo scrittore Gioacchino Criaco è sceso dalla cattedra - anche se non l’ho mai visto “salire” in alcuna cattedra - e si è seduto allo stesso livello del pubblico. Una festa del giornalismo per riflettere e tornare a parlarci. Perché in fin dei conti è l’unica cosa che può salvarci. 
La sua storia somiglia a tante altre di noi meridionali. È una storia di fuga dal sud, da questa “madre nera che era l’Aspromonte”, nel suo caso.
“Sono scappato dal buio per cercare la luce. E questa luce era nell’unica prospettiva che noi avevamo - per raconto, per narrazione - che stava a nord.” 
Ma la sua è anche una storia di ritorno, di quelle che ultimamente sto sentendo più spesso. 
Penso e ripenso se sia davvero il caso di continuare a parlare di questo sud che sta cercando di alzare la testa, senza voler passare da vittime. 
Ed è in questa lezione popolare di Gioacchino Criaco che mi vengono ricordate le parole di Corrado Alvaro, “del calabrese che vuole essere parlato”, trattato da uguali fra gli uguali, non messo tra parantesi, non ignorato, non comandato. Ma sono passati settant’anni da queste parole. 
C’è ancora bisogno di ribadirle? Purtroppo sì. Perché esiste ancora quel senso di condizione di inferiorità, quel bisogno di sentirsi legittimati.
Me lo sono chiesta il perché e l’ho ritrovato in alcuni commenti sotto a contenuti pubblicati nell’ultimo periodo. Ho fatto screenshot solo al più recente. 
Sono commenti pubblici, chi li ha scritti ci avrà pensato prima di scriverli. O magari no, ma l’educazione digitale dovrebbe partire da questo: prendersi la responsabilità di ciò che si vomita addosso alle altre persone. 
(Continua nei commenti)
Per noi fuorisede dei primi anni 2000, l’amaro e Per noi fuorisede dei primi anni 2000, l’amaro era uno dei prodotti che più ci avvicinava a casa. In quegli anni l’amaro calabrese era solo uno e lo trovavi in pochi posti eletti.
Così ce lo facevamo spedire con il famoso pacco da giù, quando ancora non si chiamava così. E quando ci consegnavano il pacco era gioia infinita, perché nelle nostre case sgangherate di studenti fuori sede non arrivava un semplice amaro. Arrivava un po’ di famiglia, amici, un po’ di casa. Bastava svitare quel tappo marrone per evocare i nostri ricordi più cari. Offrire un bicchiere d’amaro a chi veniva a trovarci era un po’ come dire: benvenuto a casa mia, ti presento la #Calabria. 
L’amaro, quell’amaro lì, rappresentava un pezzo della nostra identità. Trovarlo in un locale era come riconoscersi, sentirsi parte di qualcosa di più grande.

Oggi gli amari calabresi in circolazione sono tantissimi, ogni provincia è rappresentata da uno o più amari e non si fa più alcuna fatica ad averlo in una casa fuori dalla nostra regione. Ognuno con la sua storia, i suoi profumi, la sua identità.
Alcuni dei migliori amari del mondo sono prodotti qui in Calabria. 

Per questo è nato il contest “Amara Calabria”, giunto alla seconda edizione.
L’obiettivo non è quello di individuare l’amaro migliore ma il drink migliore a base di uno tra gli amari calabresi scelti. Venti tra barman e barlady si sono sfidati per aggiudicarsi il premio per il cocktail migliore. 
A vincere questa edizione, Cristina Familiari. Il suo drink, a base di amaro “Foraffascinu”, ha conquistato il primo posto. Al secondo posto Tindaro Gemellaro con l’amaro Kaciuto e al terzo posto Vasile Vidrasco, in gara con l’“Amaro del Capo”. 
Un grazie speciale al Piro Piro per aver organizzato questo evento a Reggio Calabria e a Giovanna Pizzi per averne curato la comunicazione come sempre in modo impeccabile.
#amaracalabria #amaricalabresi #amariitaliani #bitter #calabriadrink
Ci sono dei luoghi che ancora resistono ad un cert Ci sono dei luoghi che ancora resistono ad un certo tipo di turismo.
Che uno pensa sia un limite, poi una sera a cena alla @locanda_cocintum ho conosciuto Rossana, una ragazza napoletana che non te le manda a dire, che mi ha illuminata.
I calabresi sono resistenti. Non cedono al capitalismo che vuole tutto basato unicamente sul profitto, al calabrese non gliene frega niente se è agosto, se
ci sono i turisti. All’ora di pranzo il gestore del chiosco chiude e se tutto va bene riapre alle 17, dopo il pranzo a casa, dopo il giusto tempo dedicato al riposo. 
C’è una parte di Calabria che resiste. Dove ti siedi a mangiare in una trattoria e una pizza margherita costa ancora il giusto, 4 euro e le linguine allo scoglio 
11 euro. Una cosa così straordinaria ormai, che il menù lo devi fotografare. 

Quei luoghi dove il sapone lo sanno fare ancora in casa e anche se la ginestra non si tesse più, vengono comunque insegnati tutti i passaggi della lavorazioni. Che certe tradizioni è importanti non vengano perse. 
Questi luoghi qui, esistono e resistono. 
Resiste l’ultimo intrecciatore di cestini della Vallata dello Stilaro, resiste chi torna e si reinventa.

Alcune persone vengono da fuori a dirci come dobbiamo campare, salvo poi celebrare la #vitalenta, ma solo su Instagram. Nel frattempo, quella vita lì si sgretola tra le mani. L’identità di un territorio pure. A me personalmente basta sedermi al tavolo di un ristorante e trovare piatti che parlino di quel posto, conversare con il personale di sala che conosce com’è fatto il menù, da dove provengono le materie prime, mi basta leggere un menù per capire se mi trovo nel luogo giusto. 
Mi basta trascorrere due giorni in un posto che quando è arrivato il momento di andar via, anche se non ho visto tutto, quel posto lo conosco al punto che non mi resta l’amaro in bocca per le cose che non ho visto. Tanto so che ci voglio ritornare.
Questo per me vuol dire promuovere e valorizzare un territorio. Lasciare in chi va via il desiderio di ritornare ♥️ 

#raccontiasud #destinazioniitaliane #calabria #valorizzareterritorio
È per questo che amo vivere al Sud. Vi ricordate È per questo che amo vivere al Sud.
Vi ricordate quelle giornate di caldo torrido , a luglio? Quelle in cui la terra bruciava, soprattutto al sud?
In quei giorni avevamo deciso di andare a stare nella casetta al mare, pensando fosse più sostenibile. Ma se devi lavorare il caldo è caldo ovunque. Il nostro Smart working fu Smart per una sola ragione: abbiamo adottato tecniche di sopravvivenza.
La mia è stata questa: la mattina mi svegliavo alle 6 per il troppo caldo. Andavo al bar, prendevo una granita pesto di pistacchio e panna con brioche da portar via e mi dirigevo alla spiaggia dei pescatori. Alle 7 tornavo a casa, con i capelli ancora bagnati e iniziavo a lavorare. Il mare lo rivedevo alle 19.
Non ho mai smesso di lavorare in quei giorni, ma riguardando questo video mi torna in mente quella sensazione di benessere e la bellezza di tutta questa semplicità. 
Lo so che per molti è nulla, ma per me è l’essenza del vivere qui.
Amare questi luoghi d’estate è facile, ma io li amo anche d’inverno. A me basta ci sia il mare e tutto assume un’altra forma.
E non so proprio come spiegarlo. Magari guardando questi frammenti ve lo riesco a trasmettere. ♥️ Ché non è solo per il mare, me il mare c’entra sempre. 

#lostrettoindispensabile #viaggiasud #tiraccontounastoria #raccontiasud #igerscalabria #igersreggiocalabria
Negli ultimi dieci giorni ho girato moltissimo. Tr Negli ultimi dieci giorni ho girato moltissimo. Tra i paesi calabresi, soprattutto.
Ed ho avuto conferma di molte cose:
1. i paesi sono più vivi che mai, a dispetto di tutte le persone che dicono il contrario;
2. la piazza resta sempre il centro aggregante dei paesi. Più volte ho sentito ragazzi scambiarsi frasi che non si sentono più, tipo: “ci vediamo in piazza”; 
3. ci sono ragazzi e ragazze  che stanno ribaltando la logica che nei paesi non c’è niente. Sono riusciti a fare rete. Li senti parlare e ti si apre il cuore, si accende la speranza. Ché la verità è che nei paesi non c’è niente fin quando qualcosa non la fai accadere. A San Vito sullo Ionio, alcuni di questi ragazzi organizzano da sette anni il festival @sonativicinu. Con loro e con altre splendide persone abbiamo parlato di valorizzazione del territorio, di come raccontare il territorio, di comunità, della ricchezza delle storie calabresi, dell’importanza di acquisire consapevolezza di tutta questa bellezza. 
4. la storia di un paese è tra le sue rughe, termine che in passato veniva usato per definire le strade. Le stesse rughe che caratterizzano le persone anziane. La memoria storica di trova quindi lì, e non può andare persa. 
5. Mi hanno detto che parlo così dei paesi perché non ci vivo tutto l’anno, ma queste  persone non sanno che io vivo molto più i paesi che la città. Ed è nei paesi che io mi sento completa. A chi mi chiede perché non ci vivo stabilmente, rispondo che oggi non ci vivo solo per caso e che l’inverno al sud è duro anche se vivi in città. Ma se hai una rete ben salda, un lavoro che ti piace, gli affetti e degli hobby puoi vivere ovunque.
6. i bambini nei paesi ci sono, anche se ve ne sono molti meno, non so se siano più felici, ma sono più liberi. E la libertà va un po’ a braccetto con la felicità.
7. la menta nei paesi non finisce. E la prossima volta che qualcuno mi dice che nei paesi costa tutto di più vi mando quel signore toscano che ha strabuzzato gli occhi quando gli hanno chiesto 16 euro per un amaro Jefferson, un Negroni sbagliato, un americano e un gin tonic con gin medium (quando ha sentito il prezzo  ha chiesto il gin premium). 
#raccontiasud #tiraccontoipaesi
#OdeAiPaesi A chi torna e a chi il paese non l’h #OdeAiPaesi
A chi torna e a chi il paese non l’ha mai lasciato.
Quando chi dalla città torna nei paesi e si lamenta che non ci sia nulla, mi torna in mente la mia infanzia trascorsa nel paese. 

Nel mio paese non c’era molto da fare, c’era un pub, ma era uno di quei pub che hanno fatto la storia. C’era un pub e c’è ancora. Ha resistito al tempo, alle mode, ai cambi generazionali ed è lì a ricordarci che talvolta le cose belle non finiscono. Poi c’era una piazza. O meglio c’era più di una piazza, ma noi stavamo sempre in una. Il giorno che l’hanno chiusa per restauro, ci siamo spostati in un’altra piazza. Pensavamo non sarebbe cambiato nulla, invece è cambiato tutto. Perché io lo scoprii allora che i luoghi fanno le persone. E quando la piazza, la nostra piazza, fu nuovamente accessibile, il gruppo non c’era più e neppure la piazza. La verità è che della vita di paese c’eravamo un po’ stancati. 
C’eravamo stancati di quel niente, perché quando vivi in un piccolo paese, pensi sia una condanna.

Invece, come mi ha detto un giorno il mio amico Claudio @cla.u.dio81 i paesi ci hanno salvato. 
Perché ci hanno insegnato ad annoiarci. A guardare il cielo.
Ad avere fantasia. 
Ci hanno insegnato l’arte dell’inventiva, ad arrangiarci, ad immaginare “come sarebbe stato se”. E l’immaginazione ci ha regalato ambizioni, sogni da coltivare e le più grandi incazzature. 
Dai paesi minuscoli, quelli delle 4 case e un forno, abbiamo sognato metropoli, viaggi epici, avventure nel mondo. 

I paesi ci hanno regalato tempi morti, ore vuote, amicizie che non si sono disperse negli anni, che dove vuoi che ci si perda in un piccolo paese. Si cresce insieme in un paese, e mentre noi diventavamo grandi i paesi si facevano più piccoli.
Molti di noi dai paesi siamo fuggiti. 
Ma è nei paesi che oggi cerchiamo riparo. 
In un mondo in cui si parla molto di borghi, io voglio benedire i paesi. Con una sola piazza capace di contenere i sogni e illusioni di tutt*. 
Che mi piace pensare che fin quando ci sarà una piazza, esisterà un paese in cui tornare. 
Perché “un paese ci vuole. Che anche quando non ci sei” resta affacciato al balcone ad aspettarti.

#paesiitaliani #raccontiasud #viaggiolento
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