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rocca di pendetattilo
Viaggio nel borgo di Pentedattilo: cosa vedere

Viaggio nel borgo di Pentedattilo: cosa vedere

Febbraio 19, 2022 Mariarita Sciarrone

La Calabria è una casa in cui ti devi fermare.
Non potrai leggere nei miei scritti una Calabria vista di fretta, di sfuggita. Non potrò raccontarti un turismo mordi e fuggi, perché non saprei trovare neanche le parole.
Se vieni in viaggio in Calabria, qui ti devi sedere, devi essere curioso. Perché se non sei curioso, non troverai nulla. Se hai tempo da dedicarmi, ti accompagno in questo viaggio nel borgo di Pentedattilo, in una dimensione rurale, di una Calabria Segreta ancora per molti e ti racconto cosa vedere.

Arrivare qui è un po’ ridimensionarsi di fronte alla grandezza della natura.

Pentedattilo si trova nella punta meridionale della Calabria, a 25 km da Reggio Calabria. Ad avvolgere questo borgo, ricadente nel comune di Melito Porto Salvo, è il Monte Calvario: un’imponente montagna rocciosa a forma di cinque dita. Il nome di Pentedattilo (dal greco di pente – cinque – e dactilo – dito) e tutta la sua storia sono legati a questa montagna. Tra fascino e mistero.

È stato proprio a causa di questa montagna, infatti, che dagli anni ‘60 è iniziato lo spopolamento del borgo. A causa di questa montagna Pentedattilo è diventato un paese fantasma, ma è stato grazie ad essa che l’interesse verso questo luogo è cresciuto in modo esponenziale nel tempo, restituendogli bellezza, fascino e unicità. La morfologia di Pentedattilo, le case perfettamente incastonate tra le rocce, la montagna che è rimasta lì a custodire la memoria del borgo e le leggende che vi ruotano attorno hanno fatto il resto.

La strage degli Alberti – Viaggio nel borgo di Pentedattilo

A echeggiare lungo le vie di Pentedattilo sono miti e leggende, la più famosa è quella che riguarda la strage della famiglia Alberti avvenuta la notte della vigilia di pasqua del lontano 1686.

Al centro delle vicende ci sono due famiglie: quella degli Abenavoli, baroni di Montenbello Ionico e quella degli Alberti, Marchesi di Pentedattilo. La rivalità tra le due famiglie per questioni di confini, sembra cessare quando la Marchesa Antonietta Alberti viene promessa dal padre Domenico al barone Bernardino Abenavoli. In seguito alla morte del marchese Alberti, il suo successore – il figlio Lorenzo – non rispetta le volontà del padre e promette la sorella al cognato Don Petrillo Corte, figlio del Vicerè di Napoli. Non appena Bernardino viene a conoscenza del fidanzamento tra i due, impazzisce di rabbia e gelosia e decide di organizzare una vera e propria spedizione punitiva, uccidendo la notte di Pasqua tutti i familiari della marchesa Antonietta. Gli unici ad essere risparmiati sono i due futuri sposi. Don Petrillo viene preso in ostaggio e la marchesa rapita dal conte Abenavoli. Il Vicerè di Napoli, saputo della strage, manda una spedizione militare in Calabria per liberare il figlio e catturare gli esecutori della strage, le cui teste vengono tagliate e appese ai merli del castello di Pentedattilo. Il barone di Montebello fugge, invece, con Antonietta, lasciandola però in un convento a Reggio Calabria, prima di scappare per Malta. Bernardino muore in battaglia nell’agosto del 1692, mentre Antonietta trascorre il resto della sua esistenza nel convento di clausura, logorata dal senso di colpa per quanto accaduto.

Pentedattilo – cosa vedere

C’è chi arriva qui, fa una passeggiata veloce, scatta due foto, compra una calamita e poi se ne va. Non c’è altro, dicono. Invece, io dico che ti devi sedere.

Devi fermarti a parlare con Giorgio Ielo, custode della prima bottega artigiana che troverai quando arrivi al borgo di Pentedattilo e conoscere tutti i gatti che stanno attorno la sua bottega: i pentegatti.

All’interno della bottega ci sono dipinti raffiguranti Pentedattilo su supporti di pietra, vetro, ceramica, legno, ma anche gusci di cozze, realizzati dalla moglie Domy Pizzi. E mentre ti perdi in questo mondo colorato, Giorgio sarà lì a raccontarti storie e leggende.

Entra nella Chiesa dei Santi Pietro e Paolo e se è chiusa, siediti al belvedere a vedere la linea che separa il cielo dal mare.

Lì sicuramente incontrerai Claude Ghio, che ogni mattina suona le campane della chiesa. La sua storia ha origini calabresi, ma si sviluppa in Francia. Il ritorno in Calabria è nato per un bisogno di ritrovare le proprie origini.

A Pentedattilo ci sono diverse botteghe artigiane. Purtroppo non sono sempre aperte.

C’è la bottega di Emilia Malaspina, con all’interno oggettistica e un museo delle tradizioni popolari. Una stanza piccola che apre le porte ad un mondo antico, con gli abiti da sposa dei genitori di Emilia, la tavola ricoperta da una candida tovaglia di fiandra e apparecchiata con pentolame e stoviglie di un tempo. “Un angolo familiare” che sa di casa.

E ancora, la bottega del legno dove Donato Stelitano lavora ed intaglia il legno come si faceva una volta. Donato, figlio di Girolamo, viene da Roghudi, un altro borgo fantasma.

Nella bottega artigiana del legno, vengono realizzati cucchiai di uso quotidiano, mestoli, taglieri, collari per le capre, bastoni e musulupare.

La Musulupara è uno stampo di legno, che riproduce figure antropomorfe e che viene utilizzato per pressare un formaggio primo sale tipico dell’area grecanica, chiamato musulupa. La particolarità di questo formaggio è che si fa solo la Domenica delle Palme e viene regalato dall’uomo alla donna come segno di abbondanza e felicità. In questa bottega ci sono anche saponi artigianali, realizzati da Giusy Siviglia.

C’è poi l’Artigianato Danisia di Daniela Lorenzi. Ho letto la storia di Daniela recentemente, in un’intervista su un periodico locale e mi aveva colpito il fatto che di lei si parlasse come un’entità astratta. Sono andata a Pentedattilo anche per conoscerla. Ed ho scoperto un mondo fatto di macramè e ginestra. Daniela è un’artigiana, il padre di Bolzano, la madre calabrese. Di recente si è trasferita a Pentedattilo.

Un’altra storia di ritorno alla natura, di occhi che si illuminano guardando il paesaggio fuori dalla finestra, di chi si sente privilegiato per poter svegliarsi qui ogni mattina.
All’interno del suo laboratorio tessile, Daniela Lorenzi realizza accessori e complementi d’arredo unici, in macramè, lana, ginestra e utilizzando la tecnica Mapuche, tessitura latino americana.

Sali fino ai ruderi del castello, di ritorno fermati nella panchina dei baci e perditi nell’immensità davanti a te.

Devi, infine lasciarti guidare e scoprire cosa c’è intorno. Gli altri borghi dell’Area Grecanica, ad esempio. Tra i più suggestivi Gallicianò, Roghudi Vecchio, Palizzi e Bova e poi seguire gli itinerari, come quello dell’Amendolea, il Sentiero dell’inglese, le escursioni . Ché i borghi non vanno visitati, vanno vissuti. Devi conoscere i nomi delle persone, ma anche i cognomi.
Tu, solo fermati.

Pentedattilo per bambini

La domanda che mi viene posta più spesso è se il borgo di Pentedattilo è un posto per bambini. Ed io rispondo sempre allo stesso modo: dipende.

È un luogo per bambini se i genitori hanno spirito di adattamento, se i bambini sono abituati a stare fuori. Sicuramente è uno di quei luoghi dove ogni bambino può davvero scoprire la natura e la dimensione rurale.


Pentedattilo – dove mangiare

A Pentedattilo non ci sono ristoranti, trattorie o cose simili, ma è comunque possibile provare la cucina contadina. Però se pensi di arrivare qui e sederti a tavola senza prenotare, hai sbagliato luogo. In ogni caso possono capitarti delle fortune immense, com’è successo a me tutte le volte che ho avuto l’occasione fortuita di sedermi ad una tavola imbandita, ora sotto un cielo stellato, ora di fronte un tramonto appassionato e in ultimo su una terrazza affacciata nel blu. Devi però essere curioso, dicevamo. Se non sei curioso, non saprai mai che nel tavolo accanto al tuo c’è uno che viene dal Cilento, uno da Firenze, uno da Catania. Tutti affascinati da questo borgo, loro.
Devi lasciarti guidare dalla musica, chiedere permesso e entrare dove ci sono le porte aperte. Ti devi fermare, lasciarti baciare. Dal vento, dalla poesia, dal vino.

Borgo di Pentedattilo - pranzo a Casa Rossella -

Ma dove mangiare a Pentedattilo, ti starai chiedendo?

Per mangiare a Pentedattilo puoi avere due possibilità: telefonare alla signora Rossella o recarti sul posto, augurandoti di avere la fortuna che ho avuto io. Quel giorno ero lì di passaggio, volevo solo fare una passeggiata, complice una bellissima giornata di sole di febbraio. Il profumo di cipolla, mischiata a patate, risate e rumore di stoviglie mi hanno richiamato a scendere le scale. Mia figlia a dire il vero mi ha preceduto, come sempre. Ed è lei che ha trovato la porta aperta di casa Rossella, varcando l’uscio nel modo più naturale possibile. Non avevamo prenotato e naturalmente non c’era posto, ma “dove mangiano 8, mangiano 10. Se vi accontentate vi apparecchio un tavolino lì“. Quello che successe nelle due ore successive, per noi è stato semplicemente un privilegio. Pranzare all’aperto, gustare prodotti genuini, verdure che sanno di verdure, la pasta che faceva mia nonna, il mare a fare da cornice perfetta. Non potevamo desiderare altro.

Borgo di Pentedattilo - Casa Rossella

La storia di Rossella è una di quelle storie raccontate nei documentari e un po’ da tutti quelli che sono passati di qui e hanno voluto conoscere com’è vivere in un paese abbandonato. Perché quando negli anni ’80 Rossella ha deciso di lasciare Viterbo e trasferirsi in Calabria, in questo borgo sperduto e disabitato, dove non c’erano botteghe artigiane e ancora non si faceva ospitalità diffusa, poteva sembrare davvero da pazzi. Per lei no, per Rossella tutto è avvenuto in modo naturale. E da allora non l’ha più lasciato, restituendo al borgo di Pentedattilo la vita. Lo ha fatto lei, lo hanno fatto i volontari dell’Associazione Pro Pentedattilo, lo ha fatto chi ha aperto le botteghe artigiane, chi ha iniziato a fare ospitalità diffusa come quella della Case Rurali Pentadittlo e chi poi, come Rossella, ha deciso di venire a vivere qui.

Grazie a loro che hanno scommesso su questo borgo, che hanno investito denaro, energie, ma soprattutto tempo. Grazie a chi si è dedicato, ha messo in campo idee, progetti, grazie a tutto questo, Pentedattilo è tornato a vivere. La strada è ancora lunga, ma è stato fatto molto.

Pentedattilo – dove dormire

Nel borgo di Pentedattilo viene praticata l’ospitalità diffusa. Non ci sono alberghi, però si può dormire scegliendo di affittare una casa, o soltanto una stanza.

A praticare ospitalità diffusa nel borgo ci sono Francesco Praticò con le Case Rurali e Casa Rossella che mette a disposizione due appartamenti.

Dormire qui vuol dire riappropiarsi del tempo e dello spazio, addormentarsi e svegliarsi ascoltando solo i suoni della natura.

Come arrivare a Pentedattilo

Il modo migliore per raggiungere Pentedattilo, è la macchina, percorrendo la strada statale 106 in direzione Melito Porto Salvo. Per entrare al Borgo devi lasciare la macchina fuori dal borgo e percorrere un tratto di strada piedi.

Ci sono viaggiatori che raggiungono Pentedattilo a piedi, sulle orme di Edward Lear che nel 1847 percorse i borghi della Calabria camminando (il suo racconto si trova nel libro ”Diario di un viaggio a piedi”). Per arrivare nel borgo di Pentedattilo a piedi, si può arrivare in treno fino a Melito Porto Salvo e poi percorrere la strada che conduce al borgo, per circa 12 km.

Info utili e indirizzi per visitare Pendetattilo

Escursioni e trekking a Pentedattilo

  • Naturaliter. Cel 347 3046799. Tra le guide Giuseppe Battaglia (Guida AIGAE e Guida Ufficiale del Parco Nazionale dell’Aspromonte)
  • Passi Narranti. Noemi Evoli e Andrea Ciulla (Guide Ufficiali del Parco dell’Aspromonte) cel 3888610184. Ogni settimana Noemi e Andrea organizzano percorsi a piedi alla scoperta dei sentieri nel cuore delll’Aspromonte.
  • Calabria Etnica. Per itinerari personalizzati contatta Francesco Praticò +39.329.36.49.711 info@calabriaetnica.com
  • Il giardino di Morgana. Per percorsi di trekking urbano e archeologico puoi contattare Domenico Guarna (Guida Ambientale Aigae) cel 348 9308724.

Mangiare a Pentedattilo

  • Casa Rossella (ospitalità diffusa) – Borgo di Pentedattilo. Rosella Aquilanti cel 340 746 3173. A Casa Rossella viene offerta una cucina contadina. Piatti poveri e cibo a km0.
  • Agriturismo I Mille Sapori – Via Provinciale, 42 89063 – Pentidattilo Melito di Porto Salvo (RC) tel. 0965787429 | 3687472599. Per onestà devo dire di esserci stata solo una volta molti anni fa. Lo consiglio a chi cerca la comodità e cerca un posto adatto anche ai bambini.

Nei dintorni:

  • Azienda Agrituristica “Il Bergamotto” . Loc. Amendolea snc, 89030 Condofuri RC – tel 0965727213 | cell 3476012338.
  • Agriturismo del Pozzo. Contrada Linni, 18 – 89035 Bova Marina (RC) cel 347 4229800 – 338 2593125

Eventi a Pentedattilo

Pentedattilo Film Festival

Festival internazionale dei cortometraggi. Dopo un paio di anni di assenza, il Pentedattilo Film Festival torna dal 18 al 22 agosto 2022. Un cinema all’aperto in uno scenario indescrivibile.

Paleariza

Uno dei più importanti eventi nazionali di musica etnica. Premiato nel 2011 dal Ministero del Turismo con il marchio “Patrimonio d’Italia”, oggi è un marchio d’area, un progetto di turismo responsabile e un percorso di lettura della Calabria Greca.

Mariarita Sciarrone
Mariarita Sciarrone

Giornalista, esperta di marketing territoriale e digital strategist. Sembrano tante qualifiche, ma sono tutte racchiuse in una professione.  In parole povere mi occupo di valorizzare aziende e territori. Lo faccio principalmente mettendo assieme strategia e parole. Hai bisogno di aiuto?  LAVORA CON ME


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✍🏼Scrivo contenuti e creo strategie digitali per aziende che hanno un’anima. 📍#Calabria e #suditalia lenti Nostalgica per vocazione 👉@secretcalabria

La settimana più lunga dell’anno sta per volger La settimana più lunga dell’anno sta per volgere al termine e sono successe così tante cose che ho pensato di metterne alcune qui, nero su bianco. Sono state molte più di 10 in realtà, non tutte belle, ma ho imparato che finché siamo qui a parlarne va bene così.
Un breve riassunto qui:
1. Sono andata a raccogliere arance e clementine. Un rito, una tradizione, una preghiera e un ringraziamento che si compie ogni anno, poco prima di Natale. Ci vado con papà, nel terreno che acquistò nonno moltissimi anni fa. Quando vengo qui mi sento di celebrare la sua memoria nel modo più sensato, sporcandomi le mani di terra, passando del tempo con mio papà, suo compare, mia mamma. Una giornata semplice, ma di una ricchezza inestimabile. 
2. Abbiamo rinnovato la sua stanzetta, un po’ più sua e un po’ meno mia. Un angolino per me l’ho comunque tenuto e parla di Calabria. 
3. Con Annalisa de @agriturismoalanterna siamo  stati a vedere in anteprima Semidei, il film di Fabio Mollo e Alessandra Cataleta. Delicato, profondo, una cosa di cui essere orgogliosi.
4. Poco dopo siamo finiti in ospedale, ma siamo state molto coraggiose. C’è da dire che in ospedale questa settimana ci siamo finiti 4 volte, ma siamo tornati tutti interi. E mi sembra un buon traguardo. 
5. La recita per fortuna non ce la siamo persa. La sua ultima recita della scuola dell’infanzia. Stranamente non ho pianto, ma mi sono sentita felice, per davvero.
6. Abbiamo aspettato e accolto il ritorno di amici e famiglie che ci siamo scelti ed ho capito che la lontananza non può scalfire alcun affetto se questo è autentico davvero
7. La mia faccia nel frattempo è stata più o meno questa. Poche ore di sonno, una serie di to do list da spuntare e neanche il tempo di andare dal parrucchiere. Però ho imparato a fare le onde.
8. Quest’anno ho voluto ringraziare alcune persone e l’ho voluto fare con qualcosa di mio e di personalizzato. 
9. Nel frattempo mi è arrivata la comunicazione di avvenuta registrazione del Marchio. Una cosa che avrei dovuto molto tempo fa ma l’ho fatta solo pochi mesi fa.
10. L’unica ragione per cui amo il Natale è perché con alcune persone riusciamo a stringerci di più. 

Buona vigilia ♥️
Novembre è sempre stato il mio mese, ma quest’a Novembre è sempre stato il mio mese, ma quest’anno l’ho lasciato andare senza troppi clamori. 
Per anni ho fatto festa laddove non era contemplata, ho acquistato biglietti aerei nel mese che “dove vai che piove ovunque” e trascorso ogni anno in una capitale europea diversa.
Poi capita che la voglia di festeggiare sprofondi nelle pieghe del quotidiano, fino a nascondersi. E questo novembre è andata un po’ così. 
Nonostante tutto, le foto scattate a novembre mi hanno fatto pensare che ci sono stati più di dieci momenti felici e lo so per certo, perché ho fatto fatica a scegliere dieci foto. Eccole comunque qui, a ricordarmi che: 
1. Anche questo novembre abbiamo celebrato il vino e ho avuto il privilegio di farlo in una giornata di autunno rubata all’estate;
2. Abbiamo poi festeggiato il tuo nome, che più lo pronuncio e piu mi rendo conto quanto ti calzi a pennello e speriamo solo che da grande tu non faccia come me, che non perdo mai occasione per rinfacciare ai miei i casini che hanno combinato col mio di nome; 
3. Anche a novembre sono stata letteralmente stracciata a Burraco da mio papà e mi sono ricordata che le nostre giocate a carte sono tra i ricordi più belli di tutta la mia vita, perché per noi le carte sono sempre state una filosofia di vita e perché dal gioco alle carte ho tratto uno degli insegnamenti che mi ha trasmesso mio papà: se vuoi conoscere davvero una persona devi metterla ad un tavolo da gioco. Ci avete mai fatto caso? 
4. A novembre abbiamo messo i pattini ai piedi e ci siamo iscritte a pattinaggio. In realtà io ti ho solto guardata, ma ogni volta che tu sorridi o impari una cosa nuova, io mi rendo conto di cosa voglia dire amare incondizionatamente un’altra persona: essere felici per lei più di lei; 
5. Foto molto dump, ma mi ricorda quel giorno che ho avuto il privilegio di parlare ai ragazzi del mio paese delle alternative possibili che ci sono prima di lasciare il luogo in cui si è nati per scegliere l’altrove. Ho provato a dirgli quello che avrei voluto dicessero a me alla loro età. Magari me ne sarei andata ugualmente, magari no. Nessuno ha provato a fermarmi, quindi non lo sapremo mai. 
{continua nei commenti}
Nella mia vita non sono scesa in piazza molte volt Nella mia vita non sono scesa in piazza molte volte, non posso considerarmi un’attivista, seppur cerchi, come posso, di fare divulgazione e sensibilizzare su alcuni temi.
Credo però nelle rivoluzioni dal basso, ma soprattutto sono convinta che ognuno debba manifestare come può. 
Credo senza dubbio che ci siano persone che hanno più consapevolezza di quanta ne abbia oggi io.
Di sicuro ho sempre ammirato e sostenuto chi scende in piazza, chi scende in piazza sempre. Non solo per rivendicare i propri diritti, ma soprattutto quelli delle altre persone. So perfettamente che se dovessimo lottare per tutte le ingiustizie, dovremmo scendere in piazza ogni giorno. Eppure, ci sono persone che lo fanno, accomunate da una responsabilità collettiva. 
Ieri, in piazza, a Messina, c’erano persone di ogni età. Nonne, mamme, ragazze, ma anche molti uomini, che sono scesi in piazza per le donne e con le donne. Perché le cose si possono cambiare solo insieme. Ed io mi sono più volte commossa. 

Non sono scesa in piazza molte volte, ma da qualche parte bisogna pur cominciare. 
Perché domani, quando mia figlia mi chiederà “ma tu dov’eri?”, voglio poterle dire che anche io ho fatto la mia piccola, infinitesimale, parte. 
Per i diritti di tutte le donne e per costruire una società migliore di questa. 
Voglio poterle dire che lei finalmente potrà sentirsi libera e non semplicemente coraggiosa. 
Chè io la violenza vera non l’ho mai conosciuta, ma ne ho vista tanta altra, fatta di mainsplaining quando ancora non sapevo neanche dargli un nome, di antimeridionalismo, quella violenza anche solo immaginata, fatta della paura di tornare a casa da sola la sera, quando vivevo nelle grandi città, di dover abbassare la testa e accelerare il passo quando mi trovavo in strade poco frequentate, di parole inopportune, inadeguate, svilenti.
Ed è proprio dalle parole che partirò. Perché è con le parole che lavoro ogni giorno e perché voglio credere che se da oggi iniziamo a prevenire la violenza verbale, forse elimineremo anche quella fisica. 
#nonunadimeno #nonunadimenomessina #25novembre
Vi racconto che cosa si può fare con questo frutt Vi racconto che cosa si può fare con questo frutto qui che è il bergamotto di Reggio Calabria, il re degli agrumi. Venite con me. 
Ho scoperto tutti i segreti del Bergamotto di Reggio Calabria durante Bergarè, importante evento di promozione e valorizzazione di questo agrume prezioso.

#bergare #bergamottodireggiocalabria #bergamotto #eccellenzecalabresi
Del #bergamotto di Reggio Calabria pensavo di cono Del #bergamotto di Reggio Calabria pensavo di conoscere tutto. 
Non sapevo, invece, che esistono tre varietà diverse in base alla zona di produzione e che da queste varietà di frutto si possono estrarre essenze diverse. Più amare se provenienti dal Bergamotto di Reggio Calabria Centrale, più fruttate mano mano che ci avviciniamo alla fascia Jonica orientale. 
Ho imparato quanto sia importante il riconoscimento della DOP anche per il frutto fresco e non solo per l’olio essenziale. 
Basti pensare che François Demachy, il naso di Dior, ha scelto per le sue creazioni il Bergamotto San Carlo (il nome indica il luogo di coltivazione del bergamotto) e il raccolto annuale di quell’area viene riservato in esclusiva alla Maison Dior. E mi è venuto da pensare una cosa su cui rifletto spesso: ci sentiamo più belli quando sono gli altri a raccontarcelo. 
Grazie all’evento Bergarè siamo stati noi reggini, noi calabresi, a poter raccontare quanto di più prezioso identifica il territorio di Reggio Calabria, perché finalmente non ce la siamo raccontati da soli, ma abbiamo parlato all’Italia e al mondo. 
C’è bisogno di parlarne ancora del bergamotto di Reggio Calabria? Sì, perché ancora oggi si fa confusione su diversi aspetti. C’è bisogno di parlare della sua identità territoriale, di mostrarne la sua forma che non è quella che le aziende acquistano su istock, o che appare sui principali motori di ricerca, di raccontarne i suoi utilizzi, dal bergamotto buono da bere, al bergamotto che fa bene alla salute.
Abbiamo una grande responsabilità, non solo noi che facciamo comunicazione, ma i calabresi tutti.

Serve acquisire maggiore consapevolezza, essere curiosi, informarci, altrimenti poi non ha molto senso arrabbiarci se ci raccontano come non siamo. 
Mi dovrete sopportare ancora, perché ho diverse cose da dire e ringraziamenti da fare. Nel frattempo un assaggio di questi giorni.

#bergare #bergamotto #bergamottodireggiocalabria
Questa è una storia di fatica. Lo capisci osserva Questa è una storia di fatica. Lo capisci osservando le mani di Vincenzo, ma soprattutto è lui a dirtelo. 
Vincenzo Amodeo ha iniziato ad estrarre l’essenza di bergamotto a 13 anni, perché così faceva suo padre, suo nonno e il suo bisnonno. Vincenzo non ha fatto di questa arte il suo lavoro principale, ma oggi è considerato l’ultimo artigiano rimasto a saper estrarre a mano l’essenza di bergamotto.

“Spero di poterlo fare ancora a lungo, ma dopo di me non ci sarà nessuno ad estrarre l’essenza a mano con il metodo a spugna”. 

Vincenzo non ha avuto figli e i suoi nipoti hanno preso altre strade. Un’eredità preziosa che andrà perduta.
Le mani non possono fare quello che oggi fa una macchina. Ma noi siamo  fortunati ugualmente, perché abbiamo il privilegio di vedere tutto questo, di conoscere delle storie che rischiano di andare perse ma che possono continuare a vivere attraverso  i racconti.
Possiamo raccontare a voi tutto quello che abbiamo appreso e stiamo apprendendo sul bergamotto e voi potrete raccontarlo ad altre persone. 
La storia di un territorio, la sua valorizzazione passa anche da qui, dalle sue risorse e dal modo in cui scegliamo di divulgarle.
Più siamo a conoscere queste risorse e la loro importanza, più un territorio viene valorizzato. 
Perché la verità è che spesso è chi vive il territorio che ne conosce meno la sua storia.
E noi vogliamo contribuire a cambiare questa tendenza. 
Fino a domani potrete partecipare agli eventi Bergarè a Reggio Calabria al Castello Aragonese.
Il racconto continua nelle stories. 

#bergare #bergamotto #bergamottodireggiocalabria
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